GOURMAND WORLD COOKBOOK AWARD 2022
Secondo posto di “Cucina | Opera | Arte” al premio internazionale “Gourmand World Cookbook Awards 2022” nella categoria Food Writing.
La Fondazione Gualtiero Marchesi, dopo la scomparsa del maestro, ha dato vita a una collana di Quaderni di approfondimento sul suo lascito culturale.
Sappiamo quanto Gualtiero Marchesi, il padre della Nuova Cucina Italiana, attraverso scritti e interviste, si sia speso per dare l’abbrivio a un tema per certi aspetti nebuloso e poco identificabile: il rapporto tra la cucina e le arti applicate.
Il secondo Quaderno della Fondazione a lui intitolata riparte proprio da queste sue intuizioni cercando di gettare le prime vere basi per una reale messa a fuoco del problema. E lo fa chiamando a raccolta intellettuali di varie discipline per un confronto che vuole essere un primo, autentico e sistematico avvio per lo sviluppo di una nuova dimensione sociale e teorica sull’argomento, come del resto è già avvenuto per il Design e la Moda.
I contributi sono a firma di: Alberto Capatti, Gianluigi Colin, Aldo Colonetti, Mario Franzosi, Gualtiero Marchesi, Paola Marchesi, Nicola Perullo, Aldo Spoldi, Massimiliano Tonelli e Salvatore Veca.
Il contributo di Salvatore Veca: Levità, semplicità
[…] Del resto, basta pensare al rapporto stretto fra l’arte visiva e la morfologia del piatto, il suo cromatismo, la sua forma in rapporto ad altre forme e al contesto. Questa elementare considerazione rende conto del perché, quando Marchesi promosse la sua Fondazione, era naturale che nel comitato scientifico figurassero artisti, pittori, musicisti oltre che filosofi e studiosi di ambiti diversi da quello del “crudo e il cotto”.
La Fondazione fu istituita da Gualtiero Marchesi e dalla sua famiglia, in cui l’arte – e in particolare la musica – era di casa, nel marzo 2010 nella leggendaria via Bonvesin de la Riva a Milano. E non a caso, come accennavo, nella sua forma originaria la Fondazione prevedeva un Comitato Artistico Scientifico composto da personalità impegnate nei diversi campi, con particolare riferimento alle arti e ai loro linguaggi. Marchesi era convinto che il cuoco dovesse “pensare”. E gli ingredienti del suo pensare erano certamente quelli che derivavano dalla sua pratica e dalla sua tradizione, ma dovevano essere integrati con le forme dell’arte. In questo modo era possibile pervenire alla massima semplicità nell’arte del cuoco. Essa raggiungeva il massimo punteggio in valore quando innovava avvalendosi dei frammenti e delle tessere del mosaico della tradizione. In questo Marchesi pensava alla ricetta per il cuoco come a uno spartito per l’interprete musicale. Per quanto il Maestro fosse piuttosto riservato e sobrio nell’esplicitare la sua prospettiva sul rapporto fra cucina e arte, credo si possa avanzare una congettura. Come continuando il dialogo con lui. Vediamo ora di chiarire la natura della congettura.
Penso che, da un punto di vista astratto qual è quello della filosofia, il tema dominante della riflessione e della creatività di Marchesi fosse quello della forma nella varietà delle sue accezioni. La relazione fra l’opera dell’artefice nella cucina e l’opera del pittore, dello scultore o del compositore è generata dal semplice fatto che, in ogni caso, non vi è forma che non emerga dalle variazioni e dalle relazioni quasi combinatorie con altre forme.
Mi sembra quasi di poter dire che, quando era come assorto e inseguiva le ragnatele dei suoi pensieri, Marchesi entrava nel mondo delle forme, ne cercava le connessioni, la storia, la dipendenza le une dalle altre, le metamorfosi che davano luogo a mutamenti inaspettati. Il paesaggio delle forme era, forse, in quei casi il suo paesaggio mentale. E le virtù “del buono, del semplice e del bello” si addicevano impeccabilmente al suo mondo di forme. Ed era grazie allo sfondo delle forme che l’artefice della ricetta o dello spartito non andava pensato come un creatore ex nihilo del nuovo, ma come uno addetto al bricolage con le forme ereditate che, grazie al senso del passato, inventava, creando, il futuro. In cucina come nell’atelier.
(continua)
Il contributo di Gualtiero Marchesi: Bello è il modo di far bene le cose
[…] Nell’ispirazione di un piatto seguo l’istinto, mi lascio provocare dalle situazioni, dalla curiosità, dalle coincidenze.
A volte, lo spunto è nato da un quadro come con Fontana, Manzoni, Hsiao Chin, Pollock. I piatti, ispirati all’arte nascono da un’associazione visiva, quando l’immagine del quadro entra in contatto con la materia usata dal cuoco e con le sue mani. All’inizio è soprattutto una superficie, un volume, una tavolozza di colori. Poi l’immaginazione si mette al lavoro e cerco come rendere quell’effetto, quell’emozione. Allora, pur facendo una cosa diversa, avverto fortissima la vicinanza con l’altro, pittore o scultore che sia. In questo caso, ha funzionato una fraternità di spirito, ma in altre occasioni l’ispirazione può nascere alla vista di una montagna, di un oggetto, di un paesaggio.
Mi capita, anche, di rimanere fulminato da un piatto, per la forma o il colore. Lo compro e lo lascio sul tavolo fino al giorno in cui forma e colore chiameranno a sé una ricetta. Il che non significa privilegiare la cornice, ma concepire, comporre appunto, anche in funzione del supporto.
Ricapitolando, prima di tutto occorre avere la materia dentro e conoscere a menadito le tecniche, sapere cosa nasce in quel determinato microclima, poi trovare l’idea e comporre.
Molti sbagliano, perché pensano che comporre sia decorare. Nulla di più sciocco. La mia arte è arte della semplicità, cerca di dare corpo alla purezza. Per questo motivo ho rivalutato la gestualità in sala e l’arte di trinciare. Meno ghiribizzi nel piatto, più sostanza, più verità.
(continua)
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DICONO DI NOI
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WINENEWS.IT – Da Platone a Gillo Dorfles fino a Gualtiero Marchesi, come il “bello è il modo di far bene le cose”
CORRIERE DELLA SERA – Marchesi e l’arte (applicata) della cucina