Ci salveranno le brigate 27 Aprile 2012 – Posted in: FOOD

«Credevo fosse il secolo del sesso, invece è il secolo della cucina», ha dichiarato di recente Paolo Poli in una trasmissione televisiva. Deve proprio avere ragione se anche nei talk show si discetta di gastronomia.

Prendiamo Matrix del 26 aprile scorso, su Canale 5. Ospiti Gennaro Esposito e Massimo Bottura.
Vederli in quel contesto è stato bellissimo. E anche imbarazzante.
Bellissimo perché, nella giungla televisiva di showchef e di programmi con ricette facili per donne di fretta, è meritorio che qualcuno si prenda la briga di far parlare chi esperto di cucina lo è davvero.
A Matrix, infatti, c’erano due tra i migliori cuochi italiani, professionisti seri, impegnati a cucinare piatti buoni e sani che valorizzano i prodotti del Belpaese (anche nel mondo, visto che sono stellati Michelin, fatto che dà loro fama internazionale) e con le loro aziende contribuiscono al Pil e a dare lavoro a un largo indotto. Invitati come testimoni reali, insieme con due testimoni per fiction, Fabrizio Bentivoglio e Giorgio Tirabassi protagonisti della serie Mediaset Benvenuti a tavola, Gennaro e Massimo hanno davvero provato a spiegare come si fa a fare i cuochi sul serio e quali sono le positive ricadute sulla salute sociale. Ci ha provato Bottura con il suo eloquio visionario e sincopato; ha tentato Esposito con le sue maniere pacate, senza mancare di sorrisi e buon senso.

E qui arriva l’imbarazzo.

Il buon senso: nel conduttore scarseggiava. Da bravo professionista avrebbe potuto documentarsi di più e imbastire una trasmissione almeno contemporanea: invece è stata un’infilata di cliché polverosi. Ed è contro gli stereotipi che i cuochi Gennaro Esposito e Massimo Bottura si sono dovuti battere, rilanciando ogni volta la posta (e la pasta), alzando il livello. La televisione è un tritacarne, ma i due cuochi, rimasti presenti a sé stessi (forse perché conoscono il tritacarne?) sono usciti bene da quel contesto sconclusionato anche se negli occhi di Massimo traspariva un certo fastidio e, sul volto di Gennaro, pareva di leggere: “vabbuò se non avete capito mo’, lo capirete poi com’è cambiata la gastronomia italiana. Noi non ci fermiamo di fronte a niente, continuiamo a cucinare bene e sano. E se ce lo fate dire, la prossima volta ve lo spieghiamo”. Il punto è che “la cucina” è un po’ come il calcio, in Italia: sono tutti allenatori. Non solo: in questo Paese siamo così tanto provinciali da pensare, ancora oggi, che fare il cuoco e la cuoca sia un mestiere di ripiego, di serie C – tanto per mantenere la metafora calcistica – quindi possono farlo tutti. Non sarà un caso, quindi, che Benedetta Parodi dispensi ricette in tv, seppure “solo per passione”, come dice lei mettendo le mani avanti. Intanto i suoi ricettari sono dei best seller.

Occorre riflettere.

Significa che il suo modo di cucinare parla una lingua apprezzata da molti, che la maggioranza degli italiani se ne infischia della salute a tavola ed è figlia ingrata di un Paese (il nostro), che sventola dieta mediterranea ed eccellenze agroalimentari. I cuochi e le cuoche, seri professionisti animati dal (giusto) desiderio di diffondere i dettami del buon mangiare a più persone possibile, dovrebbero però stare molto attenti ai canali e i programmi tv in cui farlo.
Come Gennaro e Massimo, anche Carlo Cracco, per esempio, ha sudato sette camicie in una puntata di Che tempo che fa, invitato a fianco della best seller Parodi: un’accoppiata stravagante, ma perfino comprensibile ai fini dell’audience. L’obiettivo del cuoco per professione, però, non è stato raggiunto neppure in quel caso: la signora “cotto e mangiato” ha messo a dura prova i nervi del bell’imbronciato chef veronese che, al suggerimento parodiano “nella dispensa devono sempre esserci i dadi per fare un brodino” (come le brave massaie anni Cinquanta), Carlo Cracco se n’è uscito con un apparentemente snob, ma sostanzialmente sensato: “in dispensa meglio tenere pasta e un buon olio extra vergine: un piatto di pasta in bianco è sano e veloce”. Dal suo stentato à plomb, però, si capiva benissimo che se la signora coinvitata fosse stata nella sua cucina, di certo l’avrebbe usata per allenarsi al tiro al bersaglio. Stai a vedere che dall’incultura, in futuro ci salveranno le brigate. Di cucina.