Italia | Francia – la prefazione di Alberto Capatti 7 Dicembre 2020 – Posted in: FOOD

I Quaderni della Fondazione Gualtiero Marchesi nascono da un lascito e dalla volontà di investirlo nel prossimo futuro. Il lascito è quello di Gualtiero, non solo simbolo, dagli anni ‘80, di una nuova cucina italiana ma spirito critico pronto ad intervenire negli ambiti più diversi disegnando e confezionando un panino dal nome musicale per McDonald’s o rifiutando le stelle Michelin, finalizzate ad uno spettacolo di nessun interesse, quello recitato dagli chef in tavola. Tale lascito verrà messo a frutto non solo indagando la cultura di figli e nipoti in grembiule bianco, con tanto di toque, ma quella stessa delle loro clientele prossime o lontane, straziate fra un sandwich volante, la trasmissione Masterchef, il pranzo in casa e la cena in un ristorante di lusso. L’uno dopo l’altro, questi quaderni avranno tema e titolo, e si avvarranno di collaboratori interessati non tanto ad un’operazione di grido, ma ad una riflessione capace di nutrire il pensiero, in un ambito, della cultura alimentare odierna, espresso in cento linguaggi diversi e priva di un epicentro. Quaderni di carta e non digitali, in lingua italiana senza traduzione inglese, proprio per sottolineare un progetto non di grido ma di memoria e di riflessione, destinato a chi lavora con il pensiero e con le mani, a chi vuol conservare e non semplicemente assaggiare. Essi verranno annunciati, presentati e si succederanno con cadenza regolare, costituendo un preciso impegno, una guida da conservare ed eventualmente rileggere. Sono stati progettati nell’Accademia Gualtiero Marchesi, fondata da lui stesso nel 2014, in via Bonvesin de la Riva, con una cucina laboratorio destinata alla formazione dei cuochi che si prolunga in una sala didattica, luogo di conferenze e di riunioni. Oggi, ai fornelli, si alternano i suoi discepoli, da Antonio Ghilardi a Karsten Heidsieck.

A figurare fra i primi titoli dei Quaderni saranno i cuochi, gli chef, le cucine di casa in via di estinzione fra surgelati e delivery, e un tema forte, avvertito da osservatori attenti e da turisti stupiti, quello del rapporto fra Italia e Francia, visto da quest’ultimo angolo di visuale, quello di un paese che ha prescritto la propria cucina a ristoranti e hotel del mondo intero per quasi due secoli e che oggi, nel 2020, si trova sommerso, anzi nutrito boccone dopo boccone, da pizze e paste italiane. I capovolgimenti, le rivoluzioni meritano, ovunque, un’attenzione particolare. Nel 1891, con la Scienza in cucina di Pellegrino Artusi cominciava in Italia, l’emancipazione domestica dal modello francese, con una configurazione del pranzo e della dieta, in cui la pasta occupava il primo posto e condizionava il consumo del seguito. Oggi, è in Francia che avvertiamo l’esatto contrario, con una cucina italiana globale che funge da modello e libera il consumatore, nativo o turista, da un codice che veniva interpretato e ossequiato, dall’alto in basso, con un elemento chiave, prioritario, indispensabile, la carne. Ripercorrere le fasi di questo capovolgimento è utile per affrontare un domani in cui i piatti globali avranno un ruolo esclusivo, oggi è la pizza, e qualsiasi patrimonio dovrà essere conservato con opportuna attenzione. Il viaggio in Francia di Gualtiero Marchesi, nella seconda metà degli anni Sessanta, incuriosito e sedotto da una nouvelle cuisine che rompeva regole e servizi del modello Escoffier, e la successiva codificazione di una nuova cucina italiana sono un fatto epocale, ed è stato accolto come punto di partenza di questi Quaderni. Non sarà inutile sottolineare, già negli anni Ottanta, l’attenzione di giovani chef parigini per l’Italia, paese di passioni più che di disciplinari, ed una sola ricetta qui riprodotta di Alain Senderens, le Tagliatelle à la milanaise basterà a confermarla, umoristicamente.

Oggi si è andati molto oltre e le pizze al foie gras, al roquefort, al cassoulet, fanno impazzire non solo su internet, prefigurando altre contaminazioni molto più audaci. Una visione storica e critica dunque, che si libera da cronologie ed archivi a mano a mano che ci si avvicina ad un presente in continua e perpetua mutazione. Anche in questo, la figura di Gualtiero Marchesi ha un suo ruolo: scomparso da oltre due anni, ha lasciato icone di piatti, e prescrizioni per materializzarle, e ricettari destinati non solo al ristorante ma alla cucina di casa. Sarà questo un secondo filone di indagine orientato dalla libertà interpretativa di chi opera, di chi decide ingredienti e cotture, e, soprattutto di chi non intende obbedire passivamente alla tradizione ma la traduce nel suo contrario, e invece che cucire, orlare diligentemente i propri ravioli, li apre e li lascia aperti sino al servizio in tavola e alla prima forchettata. Aprire o chiudere è un’idea che può rivelarsi sconvolgente tanto da rompere discipline e schemi. Il raviolo chiuso-aperto guida il pensiero verso altri obiettivi, fissando una regola fondamentale: il presente, la cucina attuale è libera da regole pregresse, e continuamente rinnova i propri disciplinari, soprattutto in una casa fortemente condizionata da industrie e supermercati.

Il cuoco, la cuoca sono coloro che pensano, e non i personaggi di uno spettacolo. Gualtiero Marchesi non ha mai avuto un buon rapporto con la critica gastronomica, considerando che troppo spesso si trovava a dialogare con giornalisti che non avevano alcuna cognizione di causa del suo mestiere, che in poche parole non sapevano cucinare o non erano in grado di valutare da un punto di vista tecnico la realizzazione di un piatto da loro assaggiato. Un punto gli appariva importante da sottolineare, e riguardava la tendenza, sempre più pronunciata da parte dei critici gastronomici e in particolare dei critici della Guida Michelin, di voler dare consigli ai cuochi su quello che avrebbero dovuto o non dovuto fare. Abbiamo avuto conferma anche da grandi chef francesi del fatto che da vent’anni a questa parte le osservazioni riguardano la ricerca di una sempre maggiore “spettacolarità” della cucina, esasperando la ricerca innovativa in termini di esecuzione di un piatto, della sua presentazione e delle tecnologie necessarie alla confezione. La tendenza creata da Ferran Adrià di destrutturare ogni ricetta, di distruggere gli ingredienti, per ricrearle in maniera completamente nuova, con consistenze, aspetti e forme diverse (leggasi spume, gelatine, “arie”…) ha infatti influenzato la cucina mondiale verso una uniformità di stile nella presentazione dei piatti. Marchesi ha sempre contrastato questa tendenza e ciò l’ha spinto, nel maggio 2008, nel periodo di chiusura delle nuove guide gastronomiche, a richiedere di non essere più giudicato con le stelle e i punteggi, rivendicando la propria libertà creativa e non accettando nessuna influenza esterna da parte di nessuno. È importante che il cuoco ritorni ad essere libero da ogni imposizione, ogni moda, e si concentri sulla propria filosofia, sulla propria arte, all’insegna della qualità degli ingredienti e della buona cucina. Un prossimo Quaderno sarà dedicato proprio a questo.

Ma ritorniamo a quello che avete sotto gli occhi e state per leggere, evidenziando un suo particolare contenuto: le culture alimentari nazionali appartengono alla memoria, e infatti si autodefiniscono tradizionali, mentre è in atto una loro riformulazione, pratica e linguistica, in termini globali. L’obiettivo di mozzarellare in ogni parte del globo può trovare, in competizione, quello di riprodurre il cassoulet ovunque spuntino o siano disponibili fagioli bianchi, utilizzando le carni più diverse, oppure far competere le crêpes bretoni nel terreno guadagnato, sino ad oggi, dalla piadina romagnola. Francia e Italia si trovano in questa precisa posizione, e per l’una come per l’altra lo specchio in cui riflettersi non è individuale, perché ormai molti cibi mutano identità continuamente, aggiungendo una fetta di ananas oppure un wurstel in un tondo di pasta, ovvero spalmando mayonnaise senza tregua.
È questa l’altra premessa dei Quaderni, che osservano con gli occhi di Gualtiero il presente, e sono poi obbligati ad inforcare nuovi occhiali per scrutare e memorizzare il suo divenire. Del resto, l’anarchia e la sovversione, sono principi della creatività culinaria, a partire da quella foglia d’oro commestibile stesa su di un risotto alla milanese e allo zafferano. La Fondazione l’ha portato, l’anno scorso, nel mondo intero, proprio con l’intenzione di non dare alcuna ricetta per scontata e nello stesso tempo mostrare concretamente, all’assaggio visivo e gustativo, come essa possa diventare opera d’artista. Quella stessa foglia, esposta in una mostra dedicata a Gualtiero Marchesi nell’ADI Design Museum Compasso d’oro a Milano, nel prossimo autunno, ne richiamerà altre, foglie e fogli che contribuiranno forse ad un numero dei Quaderni dedicato al food-design, concepito da Aldo Colonetti e dal nostro comitato scientifico.

Con queste premesse, licenziamo il Quaderno Italia|Francia, con l’augurio di cogliere uno spunto interpretativo della cucina d’oggi, condivisibile, discutibile. Il progetto poi di confrontarci con pubblico e stampa, in sedute a calendario che in memoria di un poeta francese, Mallarmé, vorremmo chiamare mardi, i martedì della Fondazione, servirà a dare ampio spazio al dibattito e al riesame dei temi affrontati. Non è l’incertezza a guidarci ma una comunicazione che rivelandosi sempre più fluida e multilingue la favorisce, e domanda quindi attenzione e uno sguardo consapevole del presente e del passato, e confronti costanti e aperti. Ed in questo Gualtiero è sempre stato e sarà la guida. Un’ultima precisazione: a collaborare vengono chiamate le persone più diverse, senza o con un curriculum istituzionale, e ci auguriamo di trovarne fra i nostri stessi lettori, fra quanti vagano alla ricerca di un supporto cartaceo per riflettere e di un editore che qui ha un nome augurale, cinquesensi.

Alberto Capatti
Presidente della Fondazione Gualtiero Marchesi
tratto dal Quaderno Italia | Francia