A proposito del gusto – L’introduzione di Alberto Capatti 13 Novembre 2020 – Posted in: BOOKS, FOOD

Attendetevi a domande, quesiti, ipotesi, e soprattutto a essere coinvolti da problemi che vi eravate forse posti, d’acchito, enunciati qui con una sfrontata chiarezza in attesa di una vostra risposta. Di Renzo vi offre letture progressive e diversificate, riunite sotto titoli suggestivi e persino letterari, “Una foresta di simboli” di baudelairiana memoria, stuzzicandovi con indovinelli quali: “pane bianco vs pane nero”. Tutto il nostro modo di pensare, dire il pane, è virtualmente chiamato a rispondere.

Cari lettori, tocca a voi, dopo una attenta valutazione, offrire a voi stessi e a quanti hanno condiviso A proposito del gusto, quei pani della vostra e altrui memoria o del quotidiano consumo, neri o bianchi o gialli o bruni. Anche le croste e le briciole non andranno dimenticate, tanto più che l’approccio è analitico e sintetico. Nessun problema che mi ero posto è qui trascurato, anche le astrazioni illusive come il chilometri zero, con il risultato che ci troviamo di fronte ad un prospetto non solo del passato e del presente ma del prossimo futuro. Ripetutamente si fa riferimento al metodo. Nel capitolo intitolato Gli spaghetti e l’antropologia, tutto è costruito con due ricette, una terrestre e quotidiana, la seconda extraterrestre. Una fantasia da marziani? Per nulla, da antropologi che, per comunicare, usano costruire scenari razionali, considerando l’immaginario un linguaggio che merita di essere testato e spiegato, quindi a prova di spaghetto. È chiaro che un discorso sul metodo, un discours de la méthode, oggi non parte più da “Mangio dunque sono!”, ma dai cento, mille piatti in cui mi riconosco o che non arrivo a comprendere, da cui cerco di ricavare regole, ricette, o soddisfazioni. Un’analisi a tutto campo è qui suggerita, rovesciando la regola cartesiana che pre- suppone interpretazioni sintetiche, restrittive, in una indagine infinita di cui questo libro è la misura e solo l’inizio.

Uno storico del passato può esser colto da sconcerto davanti a kebab o polenta tanto il cibo altrui è reciproco e prima che date, anni, richiede un rapporto diretto a partire dal quale cerco testimonianze, documenti. L’antropologo mi mette con le spalle al muro, faccia a faccia con il consumatore di razza kebab, e lascia che io rifletta sulla mia polenta, da questo preciso, duplice, punto di vista. Lavoriamo di testa, ognuno con la sua ricettina, e il mio assaggio del kebab è seguito da una cucchiaiata di polenta che non è più la stessa, tanto più che il granoturco ci è venuto da molto lontano, ne ha fatta di strada. Antropologia è dunque attenzione anzitutto a quanto ci circonda, anche ad un cous cous in scatola o una polsvelta.

Se il vino viene trattato a sé, e il bevitore d’acque non merita eguale attenzione, i cibi sono enigmi sincronici e diacronici, e nessun modo è più efficace per raccontarli che inserendoli in liste, elenchi affascinanti proprio perché irragionevoli di primo acchito, e metodici ad una seconda lettura.

Quello che mi ha sedotto in questo libro dal titolo discreto, è proprio la voluttà di ripetere, l’una dopo l’altra, “carbonare, caponate, scaloppine e sushi”, di tradurle da parole in ricordi e di rilanciarli in nuovi modi di comunicare. Facendo sì che grazie a questo, “noi siamo soprattutto mangiatori di immagini, degustatori di narrazioni, divoratori di simboli”.

E anche traduttori domestici, dai diversi accenti, emigrati oltre Atlantico con “spaghetti and meatballs, bolognese, Parmesan, Romano cheese, Capri salad, Alfredo sauce, bracchiole, fettucini” e, più in generale nel vasto mondo, con “reggianito, barollo, Cantia, Kressecco, esparguete, pastaschuta, milaneza, zottarella, carbonari, osso bucco”.

Passo immediato è prenderne uno solo, una Alfredo sauce, e non solo esplicitarne le ricette, infinite negli USA e in Canada, tutte sconosciute in Italia, ma riscoprire chi era questo Alfredo, in via della Scrofa a Roma, in che anni operava con successo, negli anni Trenta, recitando, interpretando nel suo ristorante, come in un teatrino, la sauce in questione. Ai clienti riservava il piacere di vederlo mescolare spaghetti doppio burro, doppia panna, e di servirli di persona.

A proposito del gusto vi invita a questo e ad altri giochi, partendo da una, due, tre parole in fila le une dopo le altre, e tornando poi a riflettere, con la lente d’ingrandimento dell’antropologo, a quanto avete letto. Non temete, a guidarvi c’è un programma, e, alla fine, spero che a vostra volta snocciolerete, enunciando mentalmente liste di nomi di piatti, afferrandone la conseguenza, ricostruendone le problematiche.

Alberto Capatti