Prosecco way of life . alcuni stralci del libro 6 Novembre 2019 – Posted in: BOOKS

Maestri portoghesi

Ma se non fossi stato curioso non avrei neppure messo piede, diversi anni prima e non come cliente, in un ristorante di Londra dalle parti di Leicester Square chiamato Talk of the Town che oggi non c’è più o si è trasformato in un cinese. Avevo venticinque anni, volevo respirare la swinging London e capire dall’interno come funzionasse un grande ristorante internazionale, così riuscii a farmi assumere come commis di sala.
Il maître era un austero signore portoghese che m’insegnava il mestiere con rigore e disciplina. E che mi diede la migliore spiegazione di come funzionasse un grande ristorante internazionale quando mi affidò il servizio dei petit four: sedici piattini di piccola pasticceria sul vassoio da servire in sala. Sul palco del ristorante si esibiva Tom Jones, cantante dalla voce potente, ma il frastuono che facemmo io, il vassoio e i piattini quando inciampai e rovesciai tutto per terra oscurò anche il suo acuto più poderoso. Certo che il maître mi avrebbe licenziato in tronco rimasi sorpreso quando con voce glaciale mi disse: “Ora alzati, raccogli, metti a posto e servi in tavola”.
Da allora, ogni volta che mi è capitato di inciampare, ho seguito il consiglio del maître portoghese. Mi sono alzato, ho messo a posto e ho servito in tavola. […]

Orgoglio e commercio

Lo dico sempre e voglio ripeterlo qui: appartengo a una famiglia di negozianti, una famiglia, cioè, che ha sempre lavorato comprando le uve e il vino.
Del resto è questa l’origine di tutti coloro che operano in questo settore da oltre un secolo. Perché dovrebbero imbarazzarmi le mie radici?
In Italia il mercato del vino esiste grazie a infaticabili commercianti che nella prima parte del Novecento hanno saputo costruirlo e farlo prosperare. Sono stati quegli stessi uomini del vino a cambiare il corso della storia dell’intero comparto vitivinicolo italiano, prima adeguandosi alle richieste del mercato e poi interpretandone l’evoluzione. L’attenzione crescente verso il vino che, impercettibilmente ma con costanza, aumentava giorno dopo giorno, è stata stimolata dai negozianti, categoria alla quale, ripeto, sono fiero di appartenere. Conoscevo talmente bene la realtà da cui iniziava la mia storia che ho voluto cominciare a modificarla fin dal primo giorno. […]

America, Primo amore

Andai per la prima volta in America nel 1979. Il mio inglese londinese fu messo a dura prova da quel nuovo modo di parlare la stessa lingua.
Nel giro di pochi anni a Le Cirque al Mayfair Regent, con le fragole, si beveva Prosecco Nino Franco e si traduceva la sua storia italiana in tutte le lingue del mondo. Il mio battesimo americano non avrebbe potuto essere più felice.
Ho ritrovato un ritaglio del Miami Herald del 2 ottobre 1986 in cui John DeMers scrive: «“Il Bellini è diventato un successo planetario fra i cocktail”, ma fu un fallimento assoluto con Hemingway”. I concentrati di succo, tanto per il Bellini classico quanto per il Carnevale sono facilissimi da usare, anche a casa. È sufficiente mettere tre cucchiai del succo in una flûte da Champagne ghiacciata e riempirla con vino bianco spumante fino a tre centimetri dal bordo, inclinando lievemente il bicchiere».
E qui il colpo di scena finale: «Il miglior spumante per un Bellini o un Carnevale, è il mirabile Prosecco di Valdobbiadene DOC Nino Franco. Roba da stropicciarsi gli occhi: non solo stavamo raccontando all’America una storia dai colori e dai profumi profondamente italiani, ma l’America di chi ancora pranzava a martini cocktail e gin and tonic sembrava pronta a farsi raccontare quella storia. Forse stavamo dimostrando agli americani che esistono modi meno brutali di bere di quelli che conoscevano loro, che si può bere bene senza doversi per forza stordire, che le sfumature, anche nel bicchiere, sono importanti, più della gradazione alcolica. Quello che Giuseppe Cipriani non era riuscito a far comprendere a un Hemingway ormai perso nei suoi abissi alcolici, cominciava a farsi strada fra i suoi compatrioti. Grazie al Prosecco. […]

La Cina è lontana

In una cena al Bulgari di Pechino, capolavoro del design però capace di mettere in difficoltà i commensali, mi viene servita una pietanza su un piatto convesso. Noto che le posate scivolano nel piatto e l’impugnatura del coltello si sporca di cibo e rende fastidioso continuare a mangiare. Restituisco il piatto al cameriere e penso bene di avvertirlo: “Be careful with the dish because knife and fork fly!” Di tutto il mio discorso sulla volatilità delle posate, il cameriere coglie solo l’ultimo suono: “fly” e lo traduce brillantemente con la parola “mosca”. “Una mosca nel piatto?” il cameriere adesso è anche bianco come un fantasma, e non riesce a muovere un muscolo. In pochi istanti sopraggiungono il maître e il direttore del ristorante, piegati dalla vergogna e dall’imbarazzo. Riesco a stento a spiegare l’equivoco, nessuna mosca, solo delle posate che rischiano di spiccare il volo. L’ilarità generale che segue smonta la tensione e fa rialzare la schiena al direttore. La mia convinzione che la Cina sia ancora lontana invece non cambia.

tratto da Prosecco way of life