Il Sentimento del tempo nell’incontro fra iVitali 30 Maggio 2019 – Posted in: ART, BOOKS
Quanta malinconica levità in questo nuovo titolo de iVitali! Quanta sorvegliata, pudica attenzione nel soppesare, asciugare, essenzializzare il risultato scritto in una tensione di abbandono al Sentimento del tempo! Una piccola raccolta di poesie e prose poetiche, questa dove Andrea Vitali pare intenzionato a svelarci la sua verità, quella del suo mondo più segreto, contenendo le abilità formali, i virtuosismi di una penna, la sua, dotata di bella grammatica, spesso d’ironica tenerezza e talvolta di spassoso sarcasmo per le cose degli uomini, per far posto a una delicata esplosione di sensazioni affollate e devote che si sostanziano sulla pagina con l’affettuosa intensità di una preghiera laica.
23 esiti poetici e prosastici che sembrano fluttuare fra le opere di Giancarlo Vitali con la stessa indistinta e volatile libertà dell’anima. Testi che si posano sulle opere del pittore, fondendosi con esse in un’unica, indefinita intuizione d’eternità, suscitata loro dalle acque di quel lago, prima amniotica memoria, poi ricordo vissuto, infine identità e culla di affetti.
Versi liberi o per meglio dire in metrica libera, costruiti su una cifra lirica e musicale che sceglie forme diverse d’endecasillabo, intervallate da settenari e versi sciolti, raggiungendo un eclettismo espressivo di toccante efficacia. E anche i brevissimi racconti, quasi una sorta di epigrammi in prosa, mantengono una loro libera metrica, fatta di un periodare breve ed essenziale, risoluto e mai descrittivo, perché interessato, appunto, unicamente all’emotiva verità di una memoria importante. In entrambe le forme letterarie l’autore non molla la presa dalla riflessione sul senso del tempo e degli affetti formativi dell’infanzia, facendo emergere l’immagine della madre in un afflato lirico che si apre a un’autentica poetica del sentimento, come rivela questo passo: “Il pomeriggio mia madre stava seduta sulla riva del lago e si abbronzava le ginocchia. Era bello guardarla mentre fingeva di essere ancora signorina. Le sue belle mani, il suo sorriso segreto e compiaciuto erano parole che andavo imparando e non sapevo ancora usare. I suoi piedi nell’acqua avevano la malinconia di un libro ingiallito, ogni tanto sbattevano, lenti come la velocità del bosco”. Afflato, proprio in chiusura del lavoro, ribadito nelle tre brevissime ed epigrammatiche liriche, questa volta dedicate al padre, indipendenti l’una dall’altra ma anche unite da un unico, ancora addolorato e quasi risentito, nostalgico canto: “Subito non mi riuscì/ dire è morto/ È andato, invece,/ voce del verbo andare,/ verso dove, da chi”; “ L’unico padre che conta è il mio/ Così è per tutti/ l’unico padre a contare/ è il nostro padrenostro che sei nei cieli”; “Nel silenzio della stalla e tra le viti,/ all’ombra dei cipressi/ e dentro l’urne,/ adesso sai il segreto,/ il passo della gioventù/ o quella canzone”.
Ma la poesia di Andrea si allarga poi anche a momenti di un’intima e solitaria osservazione: “Così cantano i giardini/ scottati dal sole/ con parole di amori fedeli/ o di nuvole lievi…” – oppure – “Questa diroccata casa di campagna/ è come certi miei ricordi/ quando entro in loro/ e faccio voci / e pretendo risposte/ e chiedo odori e di vedere gesti” – o ancora – “Ci fu un giorno così/ un giorno tanto lontano/ ci fu un’alba così/ così piena di tutto” – e infine – “Non basta una notte di sonno/ per chiudere le porte alle case della felicità/ e accarezzare i volti/ ora fotografie/ alcune a colori/ altre in bianco e nero”. E, almeno nel sentire poetico, il riferimento all’Infinito leopardiano pare un riferimento fondativo.
Le carte di Giancarlo Vitali, che così naturalmente entrano in accordo con le liriche dello scrittore omonimo, sono direttamente riferite alla celebre raccolta Le Forme del Tempo, realizzata nel 1991 per celebrare il centenario della morte del geologo e paleontologo Antonio Stoppani. E queste pubblicate nella presente opera a quelle ritornano dopo che il maestro ha riaperto quel cassetto della memoria per riattivare un argomento a lui caro e i cui nuovi esiti avrebbe poi esposto nell’ormai storica mostra antologica, Time Out, autentico evento artistico dell’estate milanese del 2017.
Passandole in rassegna si nota la dettagliata, quasi calligrafica punzonatura dell’incisore accanto alla pennellata agile e franta del pittore d’impulso e di gesto, il tutto in un’atmosfera di filosofica meditazione in cui il maestro indugia nell’osservazione dei segni che il tempo trascorso ha lasciato come testimonianza del suo passaggio: fossili, bucrani, concrezioni, aggregati di minerali entrano in intima relazione con la vita d’una chiocciola, d’una farfalla o d’una pianta, in un unico afflato d’esistenza che azzera il tempo e ne alimenta il senso profondo. Vitali insomma confonde le carte fra morte e vita, sentite non come condizioni opposte ma come momenti diversi di un respiro eternamente presente che lascia il segno di sé senza dimenticarsi di nulla.
Insomma è come se le vecchie foto e gli antichi ricordi che animano i testi di Andrea e le immaginifiche visioni, venate di un realismo magico, del maestro di Bellano, fossero uscite, tutte, da un canzoniere personalissimo composto a quattro mani grazie a una comune sensibilità che guarda, vede, prova, s’interroga, attraverso una lente d’ingrandimento che non deforma, ma che anzi, permette l’accesso a uno stato di veggenza che in entrambi lascia la lucida percezione di una non separazione fra ciò che se ne va e ciò che resta.
E alla fine questo diciannovesimo libro d’artista, più di ogni altro dei precedenti diciotto titoli della collana davvero composto a due voci, dà un risultato di profonda meditazione, dove il palpabile languore di un tempo che passa ma che non si fa dimenticare, si posa su tutto come un interrogativo e una speranza.
Leonardo Castellucci
Introduzione al libro NON BASTA