Dato il mortal sospiro | L’insostenibile pesantezza della paura 23 Giugno 2017 – Posted in: BOOKS

Devi essere uno di loro per cogliere il senso di quel dolore, poi di quella paura e infine dell’abbandono al destino che t’è stato riservato. Se sei con loro nella trincea di una corsia d’ospedale il motivo è palese: sei malato, una condizione che ha il potere di farti ripiegare nell’angoscia di un incerto futuro. Sradicato dalle tue abitudini, obbligato a una forzata solitudine, impedito nell’autonomia e nella libertà.
Ma devi essere uno di loro ed essere toccato dal dio delle arti per raggiungere un risultato del genere. Allora diventi un terzo occhio che riesce a prendere carta e matite e a uscire dal proprio problema e a guardare oltre, dentro, altrove, disegnando la verità che hai davanti, non edulcorando nessun contesto, non addolcendo alcun passaggio, ma semmai individuando, fra le pieghe di quegli sguardi furtivi, di quei sospiri d’angoscia, di quelle posture abbandonate, qualcosa che assomiglia a una paradossale bellezza.
In questo reportage di ‘fermo immagini dell’anima’, che non lasciano scampo alla speranza, il pittore/paziente Giancarlo Vitali, al tempo in cui (2005) fu un ricoverato e un convalescente fra i tanti dopo un importante intervento chirurgico, trova la via della propria salvezza nel farsi geniale portavoce di chi voce non ha. La voce assordante di urla mute di uomini sdraiati sui loro sudari che guardano un soffitto senza stelle; voce che si fa straziata davanti alla sofferenza fisica e che diventa perfino acida e provocatoria, nei momenti in cui si riesce a percepire la vita come paradigma uguale per ognuno, quello che ci mette davanti all’ineluttabilità della nostra personale caducità.
In questo caso, insomma, chi guarda l’altrui sofferenza non è un visitatore amico e compiacente ma è uno che vive lo stesso smarrimento e lo stesso senso di sospensione. Solo che lui è un grande artista, che grazie a questa speciale risorsa è riuscito ad affrancarsi per uno, per molti istanti, dal proprio momentaneo disagio e ad alleggerirsi l’anima lasciando andare la mano su fogli occasionali per riversare i segni della propria compassione.
Il risultato è sublime, perché credo che nessun altro abbia prodotto una così ricca e impressionante sintesi antologica sull’uomo còlto nell’ombra dei propri demoni, costretto da una malattia a entrare in un mondo sospeso e rarefatto, a risvegliarsi in un luogo ignoto, senza più precisi connotati.
In questi numerosi, abilissimi, intelligenti, pietosi fogli, Vitali ha interpretato questo strano universo ricorrendo a tecniche disegnative diverse. Ha ritratto i professionisti dell’ospedale: medici, infermieri, analisti, con un segno ora angoloso, deformato, diremmo cubista, ora quasi fumettistico, senza mai tuttavia scivolare nel macchiettismo, dove l’intento pare quello di graffiare e deridere uno status, un ruolo, un potere, quello che, spesso loro malgrado, gli operatori del mondo medico esercitano sui loro pazienti, esseri, per forza di cose, relegati a una condizione di assoluta inferiorità. Poi è sceso a trattare la sofferenza e la paura, quelle vere. Quelle dei malati. E allora ha rispolverato la sua formidabile abilità sciorinando carte di una rembrandtiana bellezza, ricche di grovigli segnici che creano chiaroscuri, grumi venosi, vuoti e pieni, quasi fossero antiche incisioni a bulino. Perché, sembra voler sottendere l’artista, la verità non si può semplificare ma va fatta affiorare alla maniera degli antichi maestri, che proprio col disegno cercavano le ombre, le luci e gli spessori per trovare la misura del pathos.
Disegni questi che furono pubblicati nell’edizione Cartella Clinica (2005), poco dopo che l’artista concluse felicemente la sua esperienza di paziente. Catalogo con ragguardevole nota critica di Marco Vallora da cui mi piace estrarre questo illuminante stralcio che rende a Vitali ciò ch’è di Vitali, il funambolico, spesso spiazzante, imprevedibile talento: «Qui c’è come un deformato-bulimico occhio cannibale, che trova la sua salute – nel tocco terapeutico del disegno-quasi-pittura – masticando e rigettando i fantasmi verissimi della sotto-vita di corsia, che Vitali non allontana da sé, o spregia – e come mai potrebbe, essendocene ingolfato nel più bel mezzo – ma che esorcizza e sgrava e solleva, nella nube di federa del color grigio, quasi un abilissimo prestigiatore, un acrobata delle forme espiranti». Resta un’ultima notazione da fare, quasi la necessità di mettere le cose a posto con i lettori abitué della collana. Insomma questa volta il maestro ha preferito proporre alcuni di questi suoi lavori per stare sul tema dell’agonia e della morte (visto che il racconto del Vitali scrittore tratta, in verità in termini assai più lievi della scomparsa del grande autore dei Promessi) e lo fa, crediamo, perché dopo questo suo raggiungimento sarebbe stato impossibile tornare sul tema in termini diversi.

Leonardo Castellucci
introduzione al 18° titolo della collana iVitali: Dato il mortal sospiro