Il poeta e il nulla 15 Marzo 2017 – Posted in: ART
Ciò che colpisce il lettore di Testori – non dico il lettore occasionale ma quello più fedele – è la forza continua del discorso poetico, dell’invenzione che procede di pari passo con la violenza. Non ci sono infatti molti esempi di una tale consequenzialità, di una irriducibilità che lo porta a dilaniarsi, a ferirsi, a mostrare le sue piaghe. Forse bisognerebbe pensare a una piaga senza tempo che Testori fa risalire alla sua nascita ma che potremmo spostare molto indietro, all’idea stessa della vita. Una vita senza salvezza epperò costituisce il punto del dramma eterno e nello stesso tempo una vita che non smette di chiedere la salvezza, l’assoluzione in Dio.
Quando si vede Testori, quando si parla con lui ci si chiede se il discorso poetico sia nel suo tormento una pausa ma non è questa la direzione giusta: la verità resta nascosta, chiusa nel suo cuore epperò bisogna continuare la speculazione critica e immaginare da una parte l’uomo, dall’altra il discorso che si fa dentro e contro di lui. Da una parte c’è l’artista, lo studioso, il critico dotato di gran luce, dall’altra c’è la vittima: una vittima che non si lascia sacrificare, anzi che intende assumere tutte le colpe del mondo, tutte le pene degli altri.
C’è un secondo tipo di lettura: fare delle poesie di Testori un memento terribile, un ammonimento come ne faceva San Carlo Borromeo, però con qualcosa in più: il santo milanese assaliva i suoi ascoltatori, Testori è portato a mettersi nella loro carne e alla fine mostrare al Creatore, al Dio perennemente invocato le sue colpe, l’errore che ci fa testimoni e traditori, vittime e ribelli, potenti e subito inerti e vinti. Di dove gli viene questa visione, che cosa anima la sua lotta?
Probabilmente Testori non ce lo potrà mai direi e questo perché la parte più alta del suo discorso è tormento, confessione e maledizione. Un’ultima annotazione: non si progettino sistemi critici per capire la sua condanna, Testori non fa parte della letteratura e la sua è la voce che viene direttamente dal cuore trafitto, dallo spettacolo della vita perduta e dissacrata. Tutto sta dentro di lui, nulla sta fuori.
E la storia non gli serve, non lo aiuta. La storia per Testori è solo lo specchio delle sue colpe e per questo lo troviamo sempre fra le vittime, dalla parte dell’errore e dei mostri. La sua lotta non ammette né pause né soluzioni perché è la vita comune, le vittime sono mille immagini della sua febbre, della sua disperazione, della sua dannazione.
Carlo Bo
Testori – L’urlo, la bestemmia, il canto dell’amore umile
a cura di Gilberto Santini
Milano, Longanesi, 1995
Occhi di Testori. Giancarlo Vitali e la poesia
* Lettera di Giovanni Testori a Carlo Bo (Fondazione Carlo e Marise Bo).