Babbo Natale si rigenera in riva al lago 26 Settembre 2012 – Posted in: ART, BOOKS

Il contributo di Leonardo Castellucci all’ottavo titolo della collana iVitali: Canto di Natale

Un Babbo Natale ormai vecchio davvero, perché abbandonato dalla corroborante attesa dei bambini, si è ritirato all’ospizio, immalinconito, attonito, ancorato alla vita solo dalla condizione struggente del ricordo. Lo vediamo lì, seduto a guardare in alto mentre intona una dolce e struggente invocazione al Cielo, il Canto delle Costellazioni, che pare il saluto alla vita di un anziano capo indiano che si allontana dalla propria tribù per morire dignitosamente in solitudine, nella rassegnata attesa di raggiungere i propri antenati:

“Addio Acquario dal multiforme ingegno,
addio boriosa Cassiopea, addio Bilancia dalle chele,
soste amichevoli della profondità dei cieli,
musiche dei siderali spazi
della regina Berenice
della sua chioma di polvere di stelle,
addio a Orione Cacciatore,
guida e cintura degli amici…” .

Lo stesso Babbo Natale, che per un tempo imprecisato ha cercato di soddisfare, fra gli altri, i desideri di tanti piccoli laghée e certo anche del piccolo Andrea Vitali (quando ancora né medico di base, né scrittore lo avrà atteso fremente al buio della sua cameretta) e che, nelle sue annuali scorribande fra questi lidi, deve essersi innamorato della forza poetica che gli stessi suscitano visto che proprio qui ha scelto di ritirarsi. Non a caso in questo suo bellissimo Canto fa riferimento alla metrica manzonina dei Promessi, addirittura con rimandi, al De l’infinito, universo e mondi di Giordano Bruno, dove si scopre che il grande pensatore nolano definisce, appunto, ‘boriosa’ la Costellazione di Cassiopea.

Un Babbo Natale in forzato pensionamento che ha interrotto un’organizzazione che da secoli funzionava come un orologio svizzero. E dietro questa decisione tutto quel mondo è andato in frantumi: il carro delle renne non vola più, quei simpatici animali hanno perso il loro buon umore e perfino la Befana non ha più carbone da portare a nessuno. Già, la Befana, anche lei ritiratasi allo stesso ospizio forse proprio per un eterno, sotteso antagonismo con quell’odioso vecchione di cui non è mai riuscita a fare a meno. Antagonismo che le è stato suscitato da una sorta di invidia e dispetto, sembra suggerirci lo scrittore, per una condizione troppo impari: che antipatia ha sempre provato per quel bonario ciccione, con possibilità economiche pressoché infinite intento a sorvolare i cieli su un carro dorato di renne alate, e a attraversare i continenti con l’allegria di un nababbo di buoni sentimenti e lei lì, a durar fatica svolazzando su quella scopa che l’ha fatta sembrare più una fattucchiera che la simpatica ‘nonna di tutti i bambini’, e per di più condannata a consegnare doni molto più miseri, fatti di dolciumi e di un po’ di carbone.

Un racconto dunque che mescola le carte assumendo i connotati di un giocoso, abile, a tratti ironico pot pourri le cui figure comprimarie giungono da un passato ancora in tutti ben presente : il falegname ‘toscano’ Geppetto e il suo famoso figliolo di legno, l’altro toscano di eterna gloria, l’architetto e scultore Michelangelo Buonarroti e ancora, la capo infermiera dell’ospizio, che pare una delle tre fatine della Bella Addormentata nel Bosco e perfino gli dei del mito, l’ombroso Vulcano e l’agitatissimo Mercurio. In questo clima immoto e atemporale il racconto di Andrea Vitali è dunque interamente da riferire alla capacità immaginativa dell’infanzia. Anzi, a essa è dedicato ma senza avere i connotati, i riferimenti, le chiavi consuete. Racconto di godibile lettura più per un adulto libero da preconcetti che in questa storia di sorprendente freschezza ritrova un divertimento ingenuo ma non infantile grazie alla capacità dello scrittore che si impegna a confondere storie, personaggi, linguaggi, proponendo una ricetta narrativa nuova, quella di una favola per tutti che ha un suo obbligato svolgimento da lasciare al piacere del lettore.

Intanto anche il pittore Giancarlo Vitali durante la lettura del nuovo racconto del suo sodale alter ego Andrea comprende presto che questa volta non avrà da immaginare nessun nuovo soggetto da disegnare ma semmai avrà da eseguire nuove opere dei suoi temi più cari. Quel mesto Babbo Natale dell’inizio, infatti, è ‘ricalcato’ sul volto consueto di uno dei suoi personaggi più amati, il farmacista Pirola, druido/guaritore di tanti bellanesi del passato; come quella befana rinsecchita, pare proprio il ritratto di una delle sue vecchie bellanesi o delle sue smemorate, quando non del tutto dimentiche dame dei gatti e perfino le tante presenze mute di quell’ospizio vistalago sembrano ritagliate sulle sagome dei suoi vecchi di paese. Ma poi il maestro si scuote, non gli basta riattivare quei suoi volti familiari, sente il bisogno di contestualizzarli e non lo fa dentro l’ospizio o lungo le stradine della sua Bellano o fra le quattro mura di un’umile casa di pescatori. Sceglie, come tema conduttore proprio il lago, ‘quell’infinito mare’ che ha dentro di sé da quando è nato. E prende a stuzzicarlo, lo sollecita, lo provoca, lo blandisce e il lago gli risponde suggerendogli stralci di paesaggi di un realismo visionario, che nel risultato sulla carta, diventano insospettabili frammenti di figurazione informale, piccoli cammei di un luogo che appartiene ai suoi sogni.