La natura dell’arte 27 Agosto 2012 – Posted in: Archivio
Si legge nelle biografie, nelle critiche e recensioni: la natura è grande ispiratrice d’arte.
Così è per tantissimi artisti. E allora si contempla un’opera e si va alla ricerca di ciò che l’ha ispirata, come suggeriscono i depliant dei musei o come egregiamente spiegano i libri d’arte: un filo d’erba, uno sconclusionato palazzo urbano in mezzo al deserto, l’agilità di un animale in corsa, i colori di una roccia. Il rapporto con l’opera che suscita emozioni resta però filtrato dall’intelletto: il coinvolgimento dei sensi rimane concettuale. Si guarda un paesaggio dipinto e ci si perde nei colori, si apprezzano i dettagli, si cerca di cogliere i confini tra reale e immaginato, ma resta pur sempre un approccio della mente, sollecitato da un unico senso: la vista.
Mi è capitato di visitare l’Atelier e poi la dimora di campagna di Paul Cézanne, ad Aix en Provence città dov’è nato e morto. Credo che tutte le gallerie, i musei e gli istituti preposti alla conservazione, promozione, custodia e diffusione delle opere d’arte di autori , dovrebbero prevedere nel biglietto d’entrata anche una visita ai luoghi che hanno ispirato l’artista. Ma soprattutto dovrebbero occuparsi in prima persona di conservare quei luoghi. Per i posti cari a Cézanne è stato fatto. Ci hanno pensato due studenti americani, un secolo fa. Altrimenti per i connazionali del pittore, tutto sarebbe andato in malora.
Grazie alla sensibilità dei due studenti si entra al Jas de Bouffan (nome dell’ampio monolocale atelier, lontanissimo dall’essere un museo delle cere!) e poggiando lo sguardo sulla stufetta a legna e la minuscola sedia in paglia, l’altissima scala di legno, una parete interamente a vetrata affacciata sul giardino interno, si “vive e respira” Cezanne. Le bottiglie di vino vuote, le giacche impolverate appese con cura all’attaccapanni sotto una piccola finestra, ripiani colmi di cesti per la frutta, tazze e bicchieri si ritrovano ritratti, come nella tela Il buffet. Gli stessi studenti stranieri, alla morte di Paul Cézanne decisero di salvaguardare un altro spazio fondamentale per comprendere l’arte del pittore: le Carrières de Bibémus, ossia le cave dove erano estratte le pietre ocra con le quali è stata costruita Aix.
Le Carrières de Bibémus si trova su un altipiano a pochi chilometri dalla città e Cézanne era solito andarci a passeggiare e dipingere. Lì prese un capanon, una casetta in pietra in mezzo al bosco, circondata da quello che poi sulla tela sono diventate Le rocher rouge (esposte al Museo dell’Orangerie a Parigi). Di fronte, il panorama della pianura di Aix, che è da sindrome di Stendhal. La visita è rigorosamente guidata e a pagamento, prenotabile solo all’Ufficio del turismo. In questo spazio, diventato un museo en plein air oggi gestito dal Municipio di Aix, le opere di Cézanne note in tutto il mondo prendono vita, si annusano, toccano, ascoltano e non solo di vedono. E così è più facile anche comprendere il senso profondo di che cos’è l’arte. Nelle rocce qua e là occhieggiano sculture: sono del pittore e di altri suoi amici artisti, che qui si ritrovavano per mettersi in ascolto delle vibrazioni del colore sotto gli effetti della luce, per bere un bicchiere di vino, per ascoltare il vento, odorare la menta spontanea, per toccare rigoli di acqua salata che bagnano ancora oggi la roccia una volta sommersa dal mare. Le Carrières de Bibémus è un sito di rilievo geologico, infatti. Tra le gole scavate da mano umana, dentro la terra luccicano fossili, a ben guardare non così dissimili dalle sculture di Paul e dei suoi amici. Ecco: qui è chiaro perché Cézanne romantico, impressionista, costruttivista e infine anticipatore del cubismo e per lungo tempo incompreso, sia riuscito ampiamente a realizzare la sua idea di arte: «qualsiasi sia il nostro temperamento o capacità di fronte alla natura, bisogna riprodurre ciò che vediamo, dimenticando tutto quello che c’è stato prima di noi». Superare le sovrastrutture (intellettuali) per osservare solo la pura bellezza che la natura offre.
La visita all’atelier e alle cave è stata un’esperienza che mi ha ricordato – tante volte la mia testolina attanagliata dalla calura estiva se lo fosse dimenticato – che solo attraverso la bellezza si rende omaggio alla vita e che l’unico senso della vita è cercare e creare beltà, che nel suo significato più alto vuol dire armonia e incanto.