Le donne secondo i Vitali 3 Maggio 2012 – Posted in: ART, BOOKS

Dal settimo titolo della collana iVitali, Donne Donne, il contributo di Leonardo Castellucci.

Donne Donne (Andrea Vitali, Giancarlo Vitali)Sorrisi a tutta bocca, incantamenti stilnovisti, proiezioni romantiche, allusioni e simboli che accendono la fantasia e innescano il desiderio. Bocche pittate, umide, allusive; bocche asciutte, secche, senza più amore. Volti radiosi, plasmati da un sentimento nitido in una luce ingenua; volti dentro un baratto, un ruolo scelto per sopravvivere o per stanchezza di lussuria; volti senza quasi più connotati, resi irriconoscibili a se stessi dalla spietatezza del tempo; che non si guardano più, vizzi, resi morti dalla disillusione e dalla solitudine della vecchiaia. Volti però tutti dentro un mondo e una sensibilità, quella femminile, che scivola fuori dalla comprensione dell’uomo. Eterno mito (o obbligato gioco biologico di corteggiamento e seduzione?) di una diversità senza possibilità di rimedio o differenza di natura più culturale che ha proposto e ancora propone a ciascuno una solitudine assoluta da giocarsi facendo a spallate con la vita? Il dubbio resta come resta il fatto che la donna sembra uscire di continuo dalla messa a fuoco dell’uomo che ne perde continuamente il controllo, il possesso, la certezza. E allora l’unica difesa è quella di relegarla dentro uno schema, dandole un ruolo e chiudendola in modelli di riferimento. La madre, la sorella da proteggere, l’amica da consolare, l’amante in cui cercare uno smemorante piacere, l’adolescente senza peccato, la lolita inconsapevolmente seducente, la vecchia donna ormai rinchiusa nella rattrappita attesa della fine? Queste, le donne che Giancarlo Vitali tratteggia, connota, illustra, dipinge, interpreta. Le donne della sua memoria e del suo immaginario. E lo fa scegliendo la strada di un segno variabile, ora svelto come una prima idea da fermare sulla carta, ora più elaborato, con tecniche miste di ingegnosa soluzione. Figure, tuttavia, che mai si appesantiscono nel segno fino a diventare caricatura, semmai, talvolta, modello condizionato dal suo sentire maschile, diviso fra la pulsione platonica di un antico rimatore e l’annotazione oggettiva di una realtà volgare, sguaiata, greve, come greve spesso sa essere la realtà. In tutte le sue donne, che nell’abile grafia spesso appaiono come una mnemonica dedica a maestri di un recente passato, si coglie una nota rispettosa, talvolta una luce ammirata, anche quando l’ardore dei sensi prevale o è l’ostentazione del meretricio a emergere con il suo carico di volgarità e disperazione.
E su questi ‘modelli’ di femmine il Vitali libera una sua letteratura imprevista, fatta di brevi racconti pieni di fantasia non premeditata. Vitali insomma impugna l’argomento quasi col desiderio di una sfida, con l’intenzione di dichiarare la sua diversità di maschio e la sua preoccupazione di uomo, affascinato da quel mondo, attratto da quelle forme ma irrimediabilmente in fuga davanti a quei linguaggi non decodificabili da cui può affrancarsi solo attraverso la forza esorcizzante della scrittura, sia essa espressa in un abile, ironico racconto, sia nella fresca e frizzante provocazione di una botta di teatro, che in una spesso sarcastica espressione poetica. Dall’icastico Omaggio, esatto endecasillabo in epigramma, che sembra strizzare l’occhio al modello dell’uomo libero e libertino che ama tutte le donne senza amarne nessuna veramente, perché incapace d’amare, alla scherzosamente feroce Preghiera, imprevedibilmente densa di umor nero, che inizia nel languore di una giovinezza e di un sentimento perduti e si conclude con la fredda dichiarazione di un boia, ad Amiche di una vita ovvero esegesi di una dichiarazione, aforisma sulla proiezione matrimoniale di una donna o meglio della donna. Ma è nei racconti che l’autore ritrova i suoi migliori motivi.
Brevi prose in cui emerge una certa simpatica misoginia (che pare più una scelta giocosa che una condizione personale) o almeno un dichiarato sospetto nei confronti dell’eterno femminino di goethiana memoria. È il caso di uno spassoso trittico che ha in Fiorella Vastità, in Lunatica e nella Parrucchiera, le loro protagoniste, donne un po’ elementari, vittime di ancestrali fisime e a loro volta carnefici di uomini costretti, loro malgrado, a subirle. Una piccola antologia di letteratura attorno al femminile insomma che sembra aprire un tema grande come il mondo lasciandoci il desiderio di un secondo appuntamento e magari ancora di un terzo. Quasi il varo di un genere di libera letteratura ispirata semplicemente dal gusto di scrivere sull’impulso che suscita un’immagine o un ricordo. E, alla luce di questi scritti, siamo certi che Andrea Vitali farebbe suo quanto ebbe a scrivere Ambrose Gwinnett Bierce, il grande autore del Dizionario del Diavolo, in un suo notissimo epigramma: “La donna sarebbe più affascinante se si potesse cadere fra le sue braccia senza cadere nelle sue mani”.