Biblioteca Nazionale di Napoli, all’amica risanata 3 Ottobre 2011 – Posted in: ART

Sono durati meno di un anno i lavori di restauro alla Biblioteca Nazionale di Napoli che, come è noto, è ospitata dall’unità d’Italia nell’ala sud-ovest di Palazzo Reale.

Permettetemi un pizzico d’orgoglio poiché coi tempi che corrono dalle nostre parti è quasi un miracolo. Un tempo record in cui sono stati risistemati lo scalone monumentale, gli affreschi e i decori della poderosa Sala Rari. Restaurati anche gli ambienti di alcune storiche sale che custodiscono eccezionali rarità come i manoscritti purpurei (due delle venti pergamene esistenti al mondo intrise di porpora come gli abiti dei cardinali) e alcuni dei papiri rinvenuti agli scavi di Ercolano. Come è giusto che fosse e nello stile a cui oramai ci ha abituato il Direttore Mauro Giancaspro si è festeggiato.

L’evento, intitolato “All’Amica Risanata” (prendendo in prestito l’idea dal Foscolo), ha permesso a giornalisti, addetti ai lavori, studiosi e curiosi eccellenti di poter scoprire in anteprima gli spazi risanati, godendo del supporto autorevole e speciale dello stesso Giancaspro che non si è risparmiato ad accompagnarci tutti in un approfondito tour tra i gioielli di famiglia.

Fin qui la cronaca di una mattinata, il primo sabato di ottobre, in cui si è ribadito ancora una volta la stretta parentela tra arte, cultura ed enogastronomia; legame certificato da un buffet ricco di “sfizi” della gastronomia napoletana innaffiata da vini antichi come il Falerno. Fermo in un angolo dove potevo ammirare un sorprendente mappamondo d’epoca in legno intarsiato, ho aspettato pazientemente che il folto gruppo abbandonasse l’area dei cosiddetti “autografi” per restare solo. Una condizione che mi permettesse un incontro intimo con l’essenza dell’arte e del suo segno che nella grafia veloce e nelle correzioni al manoscritto testimoniano il parto non sempre spontaneo e semplice di opere che hanno segnato la storia della letteratura italiana e affascinato la mia infanzia di studente appassionato.

Non saprei spiegare compiutamente l’emozione provata nello scorrere i piccoli fogli senza righe nei quali scarabocchi e correzioni raccontano un Leopardi che – come ogni comune autore – si riedita e cerca la parola, il verso, l’immagine. Poi provi a leggerla tutta, non senza qualche difficoltà a interpretare la grafia. Viene in soccorso la memoria, un po’ come quando non ricordi i versi di una canzone che improvvisamente riemergono ascoltandone il motivo. E anch’io mi sono perso, naufrago tra i manoscritti originali dell’Infinito, di A Silvia, nelle cimase grafiche dell’Orlando Furioso e nel metodico scrivere di Benedetto Croce in cui margini e battute sono già pronte e modellate per il tipografo. Infine ti illumini con un sonetto breve, la grafia è nervosa come in un elettrocardiogramma, sotto la firma di Giuseppe Ungaretti.