Capo Santa Chiara.Il Ristorante in mare 18 Maggio 2011 – Posted in: Archivio

Da sempre a Boccadasse i pescatori mettono in acqua le barche ed escono a pescare, e poi si aiutano a tirare a secco le imbarcazioni. Un rito secolare che si ripete giorno dopo giorno con rara autenticità. Le case pastello, attaccate le une alle altre, gli anziani che rammendano le reti parlando genovese tra di loro, i bambini che giocano in spiaggia, sovrastati dal castello Türcke, costruito nel 1903 su progetto di Gino Coppedè. È un pezzo di Liguria immutata, un borgo nel cuore di Genova. Si raggiunge lungo la passeggiata di Corso Italia e all’arrivo si stenta a credere che quell’incanto sia vero: un angolo custodito gelosamente segreto, come solo i genovesi sanno fare della loro amatissima città.

Paolo e Marco Secondo, ristoratori genovesi (tre ristoranti a Genova e quattro a New York) per 25 anni hanno lavorato animati dalla passione per la cultura gastronomica ed enologica, dalla voglia di rappresentare l’eccellenza italiana del gusto e dal piacere di coltivare relazioni umane. Per questo hanno chiamato Alessandro Garzillo, giovane chef capace di interpretare la tradizione in modo nuovo, e hanno fatto rinascere Capo Santa Chiara, lo storico ristorante “dei genovesi” a Boccadasse, “il borgo in città”: mai come in questo luogo il concetto di cultura di bello e buono ha trovato la giusta misura.

Il locale, completamente ristrutturato, gioca sui toni del vinaccia per pareti e sedie, lascia aria nei soffitti bianchi, e favorisce la relazione sociale con le luci soffuse. Una piccola saletta appartata, grande appena per un tavolo, ha tre finestre e in ognuna appare un quadro naturale: il promontorio di Portofino, il mare aperto, il borgo. Perfetto per le coppie, magari innamorate come lo sono stati Ornella Vanoni e Gino Paoli che a Boccadasse si rifugiavano lontano da sguardi indesiderati, e che a questa perla ligure hanno dedicato una canzone: Boccadasse. D’altra parte Boccadasse ha sempre ispirato gli artisti: basta andare nella piazzetta Belvedere, dietro la chiesa, per trovare incise su una targa le parole d’amore per il suo borgo del poeta genovese Edoardo Firpo. Scritte rigorosamente in dialetto, affinché la segreta bellezza del luogo sia più difficile da svelare.