Carnevale a Tricarico 5 Maggio 2010 – Posted in: TRAVEL

Carnevale TricaricoC’è Carnevale e Carnevale. C’è quello con le maschere tradizionali italiane, Arlecchino, Colombina, Pulcinella, Balanzone, Gianduia, che tanto ci ricordano le recite della nostra infanzia e che cominciano a vedersi un po’ più di rado durante il periodo carnascialesco. Poi ci sono i Carnevali con le maschere allegoriche, burlonesche, ironiche, sfottenti, che attingono alla realtà dei nostri giorni. E c’è il Carnevale di Venezia, con le dame, i dogi e le tipiche maschere veneziane. Per non parlare del Carnevale di Rio, maestoso, colorato, con ballerine da sogno, balli catartici a ritmo di samba.

Quello che oggi vogliamo raccontarvi è invece un Carnevale che affonda le sue radici addirittura nei miti argivi, mescolando significati e allegorie che provengono dalla mitologia greca, testimonianze residue di insediamenti di greci in queste lande e dell’influenza di questi sui lucani-sanniti già nel VI secolo a.C. Tali miti subirono diverse influenze nel corso dei secoli, non ultima quella cristiana, riferita a sant’Antonio Abate, protettore degli animali e la cui festività dà inizio al carnevale. Non da meno il rituale ha preso piede a Tricarico che per tanti anni è stato luogo di passaggio della transumanza, allorchè in primavera, mandrie di buoi attraversavano i tratturi intorno al centro abitato.

Il 17 gennaio di ogni anno, giorno dell’apertura del carnevale, dalla chiesa di Sant’Antonio Abate, poco fuori il centro abitato di Tricarico, alcuni figuranti si travestono da vacche con manti e nastri multicolori a simulare il vello bovino, altri figuranti da tori. Le “vacche” offrono un aspetto sgargiante, con foulards dai colori variegati sopra una calzamaglia bianca, i tori hanno vesti completamente nere con nastri rossi. La mandria cosi travestita si avvia verso il paese al suono di campanacci e cupa cupa, uno strumento musicale arcaico dal suono onomatopeico, simulando durante il tragitto un gioco fatto di reiterate fughe di vacche e successive cariche di tori in un allegro e confuso rincorrersi e cercarsi che dura fino alla mimica dell’accoppiamento e del rito di purificazione che consiste nel girare intorno alla chiesa per tre volte. Il tutto in un’atmosfera di festa che coinvolge gli spettatori e le genti accorse sul posto e pronte a lasciarsi trascinare in questa rappresentazione.

Tale rituale, come attestato dagli studi di Ernesto De Martino, trova la sua origine nel mito delle Pretidi secondo il quale Proitos insegue le fanciulle nei boschi e fino in prossimità del fiume Lysios, dove avviene il rito di purificazione e durante il quale esso stesso chiede ad Artemis di liberare le fanciulle dalla loro condizione di pazzia, rese tali per la superbia della loro bellezza, in cambio del sacrificio di venti giovenche dal manto rosso e non ancora sottomesse al giogo. Le stesse Pretidi sono descritte nell’atto di imitare le vacche come Io e di essere inseguite dal bovaro.

È una festa affascinante, che va oltre il significato puramente burlonesco ma che cattura colui che si trova a vivere anche solo da spettatore questo rituale, e che del carnevale ritrova l’atmosfera di allegria e di voglia di condividere insieme una tradizione tra i vicoli saraceni del borgo antico, dove il martedì grasso il pupazzo del Carnevale viene bruciato e il fumo del rogo si confonde con il fumo delle salsicce alla brace che vengono cucinate tra le strette viuzze. E siccome il Carnevale è il periodo in cui, come ben dicevano gli antichi, semel in anno licet insanire, anche per quanto riguarda le abitudini alimentari, non ci sottraiamo al rito, questo sì più godereccio, del cercare le leccornie più gustose che si preparano in questo periodo.

Anche se, ormai, alcune di queste prelibatezze le ritroviamo durante tutto l’anno, in epoche lontane era riservato a questo periodo assaggiare oltre ai primi piatti fatti con la pasta fresca (orecchiette con ragù di carne di maiale, fusilli al ferretto con rafano e sugo di salame, focaccia rustica con i frittoli di maiale) ed i secondi sostanziosi di capretti e salumi, i dolci tipici come le chiacchiere, ovvero frittelle sottili cosparse di zucchero vanigliato, oppure i taralli con il naspro.

VIAGGIO IN BASILICATA

Autore: Annateresa Rondinella, Antonio Riviello
Editore: Florence Packaging
Pagine: 334
Prezzo: € 18,00