La fame di Gasperino Salvini 25 Maggio 2011 – Posted in: ART

La Carne (Andrea Vitali, Giancarlo Vitali)Il contributo di Leonardo Castellucci a La Carne.

Questa volta Andrea Vitali ci consegna un racconto breve, genere letterario difficile, dove le descrizioni sono cassate, dove l’introspezione non può trovare il tempo lento della riflessione, dove tutto è lasciato alla stringata scelta di poche parole che diventano, ciascuna, elemento di comprensione e di lettura. “Un piccolo gioiello di splendente e vivida forma”, secondo Henry James, che dia emozioni, faccia subito intuire al lettore la parte non descritta, il vissuto dei personaggi, la loro sembianza interiore. E questa storia di soggezione e tornaconto narrata da Andrea, come paradigma della dipendenza degli uomini per il denaro, ne è un esempio lampante. Storia dove c’è un protagonista (Gasperino Salvini), una coprotagonista (la sua ‘vecchietta’, così il nostro chiama la moglie) e un antagonista (la signora Corseri, il cliente). All’autore sono sufficienti questi tre personaggi per delineare un frangente temporale che si risolve in poche battute ma che lascia intendere una vita obbligata in quel chiuso, snervante, faticoso rapporto a tre: lui/lei/il cliente; ma che può essere estremizzato in un rapporto a due: loro (lui e la moglie, alleata fin troppo simbiotica) e il cliente. Quella di Gasperino Salvini è una vita proba, da piccolo borghese che, da solo, con mestiere e furbizia, s’è costruito una fortuna che adesso, in un’età ancora accettabile, può godersi con la sua famiglia: una casa per uno ai due figli, come un buon genitore deve fare, un bel po’ di soldi sul conto per pararsi dalle brutte sorprese della vecchiaia e con il ricavato della vendita dell’avviata salumeria, che dopo 35 anni di lavoro sta passando di mano, immaginare una proiezione di libertà con la sua donna, fatta di viaggi, crociere e vacanze, che gli si prospettano nelle forme di un energetico riposo. Ma poco prima della cessazione dell’attività, entra in bottega una cliente, di quelle che non si sopportano perché non spendono che poche lire e poi hanno sempre da protestare, certa signora Corseri, appunto. È in quel momento che il salumiere/macellaio, dopo tanti anni di dipendenza verso il potere adrenalinico dell’incasso quotidiano, che l’ha reso asservito alla clientela, secondo un diktat che vuole che la stessa abbia ‘sempre ragione’, visto che sta nelle sue mani il successo o il fallimento di ogni esercizio, decide di vendicarsi ‘signorilmente’ e così facendo di riscattarsi dalla propria condizione. E lo fa pensando di regalare alla Corseri quel quasi nulla che, come al solito, starà per comprare, cogliendo finalmente l’occasione di sentirsi ‘alla pari’, nella libertà di esprimere la sua antipatia affrancandosi dal proprio ruolo. Ma questa volta, giunge, inaspettato un acquisto più cospicuo che lo farà esitare e subito gli farà rimettere i panni consueti di bottegaio, pronto a battere lo scontrino e a incassare ciò che gli spetta.

e le sue vittime

La Carne (Andrea Vitali, Giancarlo Vitali)

Caduto, 2006

E la carne di Giancarlo è proprio quella dei macelli, la stessa su cui ha vissuto e prosperato il Gasperino Salvini di Andrea. Carcasse di manzi appese come materie mute che ancora sgocciolano dolore o peggio appaiono impietrite nella loro massa morta, vittime di un sacrificio offerto al dio spietato della catena alimentare di noi carnivori. Poi conigli e agnelli scuoiati, buttati lì, nella loro scorticata, screziata essenza di occhi spellati e muscoli rappresi e vizzi che lasciano tracce liquide di sangue e siero, come lacrime sputate da un corpo che vuol denunciare il recente sopruso subìto. E infine il sacrificio dei maiali, che Vitali propone in una chiave diversa, con un dato espressivo che rimanda all’illustrazione divertita, quasi al fumetto. ‘Fumetti’, che però hanno un coltello piantato sul collo e che perdono sangue da tutte le parti. ‘Fumetti’ morti. È questa la geniale provocazione che dà forza anche civile ed etica al contenuto di queste carte. Carni che sostano nell’obitorio della cella frigorifera per poi essere di nuovo sezionate sul marmo del banco del macellaio, ch’è anche quello di Gasperino. I temi dei dipinti storici di Giancarlo, quelli che ne hanno imposto la maniera e la poetica, quelli che fecero vibrare di passione letteraria e critica il rimpianto Giovanni Testori, ritornano qui come riflessioni se possibile ancora più estreme e con una libertà espressiva, di segno e di tecnica, se possibile ancora più essenziale, fino a dialogare, in certe semplificazioni di forme degli ultimi buoi appesi, con una maniera che abbandona ogni realismo, perfino ogni espressionismo, sconfinando in una raffigurazione simbolica che ci propone una rassegna di impronte di corpi sacrificati da consegnare alla nostra riflessione. E in proposito l’accostamento alla poetica e al sentire di Bacon non appare azzardato se il grande artista irlandese ebbe a scrivere, proprio in riferimento allo stesso tema, da lui più volte affrontato: “Noi siamo della carne, noi siamo delle carcasse in potenza. Se io vado dal macellaio, trovo sempre sorprendente di non essere là, al posto dell’animale”.