FAI da te 21 Ottobre 2010 – Posted in: TRAVEL

Tra agenzie e tradizionale mazzetta di quotidiani, tutta la mattinata non basta per farsi un’idea di cosa avviene fuori dalla mia scrivania. Per chi scrive di questi argomenti è fondamentale individuare elementi d’informazione utili a stimolare approfondimenti che non rischino di diventare banali e beceri.

FAIQuesta volta, lo spunto che ha innescato nella mia testa un po’ di considerazioni di peso viene dal Fondo per l’Ambiente Italiano che, non tutti sanno, è una Fondazione privata che si autosostiene, mediante fondi provenienti da lasciti spontanei e donazioni, ma anche da eredità e comodati gratuiti di beni di valore storico, artistico e naturalistico. Stamane, Marina Paglieri, da Cuneo, ha messo in evidenza sulle pagine di Repubblica una polemica tra la Vice Presidente Onoraria della Fondazione, Giulia Maria Crespi, e il Ministro pro tempore con delega al turismo, Maria Vittoria Brambilla. Oggetto della polemica è l’annoso problema della valorizzazione del nostro patrimonio artistico-culturale-enogastronomico. La Crespi sostiene che per essere affrontato, con buone possibilità di soluzione, basterebbe mettere in pratica la ricetta FAI: “Creare circuiti che associno arte, buon cibo e artigianato”.

A molti sembrerà la scoperta dell’acqua calda, ma riflettiamo insieme.

Cominciamo a dire che l’enunciato logico deduttivo della Crespi, argomentato nel modo come l’articolo del quotidiano riporta, a proposito del valore economico inalienabile dell’Ambiente Italia, è assolutamente corretto. Non crede, infatti, sia umanamente possibile delocalizzare parchi, siti archeologici, isole, linee di costa, territori vitati e tradizioni gastronomiche locali in altri zone dove, il mercato globale e le sue nuove leggi non scritte, renda più economico investire.

Insomma, la Vice Presidente FAI, ritiene che non crede sia possibile spostare Capri o la Valle dei Templi in Polonia o Slovenia per renderli più competitivi sul mercato turistico.

Una riflessione apparentemente lapalissiana che non nasconde la sua natura provocatoria, tesa a sottolineare che, tra le risorse economicamente sfruttabili che il buon Dio (o chi per esso) abbia destinato al Bel Paese, quella dell’ambiente, inteso come ampia sommatoria di beni immobili di vario genere (fortunatamente inamovibili, nel vero senso della parola), sia quella che assicurerebbe una comoda opportunità produttiva di sicuro riscontro economico.

Senza entrare sulle ragioni del fare e senza volere assumere posizioni politicamente di parte, mi pare che l’invito, non propriamente provocatorio, di ottenere in affido la gestione dei maggiori siti culturali, cum grano salis, non faccia una piega logica.

Questo patrimonio, se è realmente un valore, come appare indiscutibile, va salvaguardato, manotenuto, valorizzato e contestualizzato alle tipicità ed alle tradizioni locali. Deve “rendere”, trascinando intorno a se tutto il possibile indotto che il territorio può offrire, magari uscendo dall’improvvisazione che fa spendere inutilmente o in malo modo quelle poche e costantemente ridotte disponibilità finanziarie messe ancora a disposizione dal bilancio dello Stato.

Il mondo dell’imprenditoria lungimirante e quello della comunicazione militante sono invitati a dare man forte, operativamente intendo. Chi segue questo nostro spazio di accoglienza Cinquesensi, può riconoscere un buon esempio di come si possa far interagire virtuosamente ambiente, storia, arte, patrimonio culturale ed enogastronomia rileggendo Wine Town Firenze 2010.