Hop Frog, Futuro Anteriore – la prefazione di Vannino Chiti 24 Marzo 2021 – Posted in: BOOKS

Niclo Vitelli ha realizzato un bel libro, scritto bene e questa è la prima virtù, dal momento che un libro si pubblica perché sia letto, compreso e valutato. Un secondo aspetto mi ha colpito: i tanti che nel testo vengono chiamati a essere protagonisti, con i loro ricordi e le loro storie. L’ultima parte del libro contiene le testimonianze di artisti che, ormai tanti anni fa, hanno vissuto quell’esperienza, serbandone una traccia profonda e affettuosa, talora avvolta nella malinconia dolce che ognuno di noi prova quando torna indietro nel tempo, a momenti belli che si sono vissuti e che sono irripetibili.

Il libro trasmette ai lettori anche una memoria storica, non solo il nome di un locale, Hop Frog, che segnò un’epoca di divertimenti fondati su una ricerca culturale inedita, sulla diffusione di musica moderna, di jazz, di cinema, di cabaret, di originali creazioni artistiche. Escono dalle sue pagine l’immagine di Viareggio e della Versilia, i cambiamenti della società tra le spinte innovatrici, per quanto a volte confuse, del Sessantotto e il riflusso nel privato degli anni Ottanta. La memoria storica è importante e la sua carenza, che segna il nostro presente, è un elemento di fragilità, non di forza. Non si tratta – e il libro non lo fa di abbandonarsi alla nostalgia del passato, ma di conoscerlo, metterne a fuoco approdi positivi e limiti, successi e sconfitte, così da individuarne eventuali radici ancora da valorizzare. L’autore è mosso, e si sente, da amore per la sua città e per la Versilia. Ci riconsegna definizioni celebri, ma che avvertiamo non come formali: città religiosa e anarchica, conformista e rivoluzionaria. L’attaccamento alle nostre città, al territorio, all’identità che ne nasce, è una caratteristica forte in noi toscani, vitale e anche positiva, quando non si confini in un microcosmo provinciale, chiuso, rancoroso ed egoistico. In Niclo Vitelli questo non avviene: né quando ripercorre i sentieri della storia, i tratti di una Viareggio città di pescatori, operai navali, renaioli, al di là del molo e, di qua, di ceti medi impegnati nel turismo, con una curvatura estiva volta allo svago e al turismo, né quando si interroga oggi, a partire da una crisi economica e sociale generale, sul futuro da costruire. Dal racconto di Niclo Vitelli emerge la figura di Piero Torri, un imprenditore animato da passione sociale e civile, lungimirante e coraggioso, che per tradurre le sue idee in fatti concreti guarda a ciò che si muove in Italia, a Milano, coinvolge giovani architetti, dà spazio ad artisti che iniziano il loro cammino, realizza un accordo con l’Arci. Ed emerge un impegno di elaborazione e di iniziativa dell’Arci, che oggi mi appaiono, senza esagerazione, straordinari: la cura per l’organizzazione nei confronti delle Case del Popolo e dei Circoli, per non disperdere questo enorme patrimonio realizzato con tanti sacrifici e anche lotte, innestandovi l’accoglienza e l’apertura al nuovo che si esprimeva nelle tendenze culturali e artistiche, in forma di spettacolo non tradizionali, in film poco o per niente presenti nei circuiti ufficiali, nella ricerca di un coinvolgimento diretto delle persone, non sempre soltanto spettatori. Nelle Case del Popolo entrarono così le giovani generazioni, ragazzi e anche ragazze. Vi entrarono attratti dalla musica, dal teatro, dal cabaret, dagli allestimenti delle sale che facevano sentire a proprio agio, ma ancor più da quello che univa la varietà delle proposte e che non disperdeva il fondamento dei Circoli: la socialità e la solidarietà. La condanna della dittatura in Cile e il sostegno agli esuli, il dibattito per i referendum sul divorzio e sull’aborto, l’impegno contro il terrorismo e per la legalità, furono tra i protagonisti in quegli anni nelle attività di tanti Circoli. Gran parte di una generazione, che arrivava alla politica della Sinistra mossa dallo schierarsi a difesa del Vietnam, nella guerra scatenata dagli Stati Uniti, che si sentì coinvolta negli obiettivi del diritto allo studio e per un lavoro degno, negli ideali di giustizia e uguaglianza, di contestazione alle gerarchie dei poteri e anche a stili di vita ormai arcaici, si formò passando anche attraverso le Case del Popolo. Fu così anche per me. In una Casa del Popolo trovai libri e occasione di scambi di idee con chi aveva la mia stessa età e con dirigenti della Sinistra più anziani e affermati. Diversi tra noi non erano ancora iscritti a un partito, anzi contestavamo il moderatismo del PCI e del PSI. Vi erano organizzati dei cineforum, con interminabili e vivaci dibattiti. Varie sere alla settimana veniva a confrontarsi con noi Francesco Toni, poi sindaco di Pistoia. Ci impegnavamo in lezioni di ripetizione per ragazzi che non avevano terminato gli studi. Gli spettacoli vedevano presenze che andavano da Dario Fo a Roberto Benigni. In quel Circolo si tenne, a cura della CGIL e dei frati domenicani, un confronto sull’enciclica Pacem in Terris e poi dibattiti sul dialogo tra marxisti e cattolici. Sono voluto tornare a quei momenti per sottolineare esperienze che furono comuni a tanti di noi almeno in Toscana e che resero Arci e Circoli protagonisti di una stagione di formazione di intere generazioni. Dove non esistevano i Circoli o si creavano, nelle città, condizioni per una presenza più diffusa, l’Arci realizzò intese e convenzioni per una gestione comune o in alternativa per l’uso diretto, in alcuni giorni, dei locali così da programmarvi proprie attività. Anche questa fu un’innovazione non scontata e Viareggio, la Versilia, conobbero più di una di queste esperienze.

Il libro ci parla di tanti dirigenti che allora ebbero un ruolo di primo piano nel rinnovamento della Sinistra, non solo dell’Arci: per tutti ricordo anch’io Benito Incatasciato ed Enrico Menduni. Benito da tanto tempo non è più con noi. In anni in cui ancora prevalevano concezioni che assegnavano al partito la priorità assoluta della politica e si riteneva un ridimensionamento l’impegno nelle altre organizzazioni, che costellavano la galassia del movimento operaio, Benito scelse l’Arci e vi dedicò il meglio delle sue energie e della sua passione. L’esperienza della Toscana fu all’avanguardia in Italia, Enrico Menduni divenne il Presidente nazionale. Con la sua intelligenza, competenza e creatività, l’Arci non fu soltanto un’associazione aperta al nuovo, ma costruì il nuovo, progettò sperimentazioni nel teatro, nella satira, era sorto anche un centro studi e formazione.

L’esperienza di Hop Frog, quelle che vi si collegano della Società di Mutuo Soccorso Affratellamento, dell’Andrea del Sarto, del Circolo Rifredi, a Firenze, e altre che condivisero questa funzione pilota, si collocano nella dimensione, neanche immaginabile prima, di una associazione legata alle origini del movimento operaio italiano e alla Sinistra che, nella sua autonomia, diviene in Italia protagonista del rinnovamento della cultura.

Niclo Vitelli conclude questo suo bel racconto storico-letterario aprendo un enorme problema: cosa sarà delle Case del Popolo domani, come rinnovarne la funzione in un mondo tanto cambiato? La domanda ne sottende un’altra, che interroga tanti di noi, ma che resta fino ad oggi troppo spesso nel privato di ognuno, impedendo così quel confronto, che solo potrebbe aiutarci a trovare delle risposte: cosa è, cosa sarà della Sinistra? Sinistra e Circoli ricreativi del popolo, nella reciproca autonomia, non certo nel ritorno a subalternità o a cinghie di trasmissione, già superate negli anni di cui si occupa il libro, sono due facce della stessa medaglia. La politica per la Sinistra non può chiudersi nell’esclusività del soggetto partito né confinarsi nei soli momenti del voto e degli equilibri nelle istituzioni, pur fondamentali in democrazia, ma deve sapersi confrontare con i movimenti, deve preoccuparsi dell’etica che si afferma nella società, dei valori che guidano la convivenza, dell’accesso alla cultura, all’istruzione, alla sanità, insomma dei diritti costituzionali da assicurare a tutti i cittadini, donne e uomini, italiani di più recente o antica data. In un pluralismo di presenze e compiti, in cui autonomia reciproca non significa la separazione e l’incomunicabilità oggi regnanti, sono importanti quanto i partiti i soggetti che si impegnano nella formazione civile, nella cultura, nella qualità del divertimento, in una pratica sportiva concepita come benessere della persona e non come primato ad ogni costo. Dentro l’epidemia sanitaria, l’avere escluso i Circoli ricreativi da interventi di sostegno, è un errore, che bisognerebbe impegnarsi a correggere: se domani ci sarà un minor numero di Circoli dell’Arci, delle Acli o del Mcl l’Italia non sarà più progredita ma più povera. Avrà minori contrasti quell’individualismo amorale ed egoistico, lascito del berlusconismo, sconfitto forse in politica ma non nei modelli di vita. I Circoli, in una società attraversa- ta dalla rivoluzione tecnologico-informatica che sta cambiando tutto, dai modi di lavorare al commercio, dalla comunicazione alle relazioni interpersonali, ma che non sta riducendo disuguaglianze, povertà materiali e immateriali, possono svolgere un ruolo, necessario oggi ancor più di ieri: quello di contribuire ad affermare, in forme nuove, nella cul- tura, nella musica, nell’arte, nello svago, quei valori di socialità e solidarietà che costituiscono il loro fondamento e la loro missione. Nella società delle informazioni, dietro l’illusione delle connessioni, divampano devastanti le solitudini. È di fronte a noi l’impegno per realizzare la piena integrazione dei nuovi italiani, formare ai principi costituzionali tutte le generazioni, mettere a disposizione gli strumenti dell’inedita comunicazione sociale, insegnando a impadronirsene, a interpretarli criticamente, a usarli. Né è venuto meno l’abbandono scolastico di tanti, troppi ragazzi. Mi sono apparsi di grande interesse, nel libro, gli accenni alle cooperative di comunità, a esperienze di collaborazione tra Arci e Lega delle cooperative: una via da percorrere.

Ancora una parola sulla Sinistra. In tanti di noi risuona forte, nel silenzio dell’intimità, questo interrogativo: che cosa è successo? Bisogna secondo me avere chiaro che veniamo da una sconfitta storica: il fallimento dei regimi dell’Est, a partire dall’Unione Sovietica, con gli ideali di liberazione promessi, trasformati in oppressione di ogni libertà. Il vecchio movimento operaio ne è stato toccato: tutti, comunisti, socialisti, social-democratici, seppure in modi diversi. Nel mondo per una fase, che ora mi appare in via di superamento, è tramontata l’idea che fosse possibile costruire società più giuste. Si è affermata una globalizzazione guidata non da finalità democratiche, ma dal neoliberismo. La Sinistra Europea è risultata subalterna: ha pensato che il mercato di per sé potesse risolvere i problemi delle disuguaglianze, dello sviluppo, dei diritti. Non ha saputo cogliere domande e messaggio che venivano dai movimenti no global. Nel varco delle crisi sociali si è incuneata una Destra reazionaria, un populismo antidemocratico, spesso fascista. In Italia e nel mondo, della Sinistra c’è bisogno: la stessa epidemia sanitaria, anch’essa globale, ci mostra che i mercati devono avere regole pubbliche, che ci sono alcuni diritti, almeno la salute, l’istruzione, la casa, il lavoro, che devono essere assicurati a tutti, altrimenti le innovazioni tecnologiche diventano occasione per accrescere i privilegi di pochi. Avremmo non la sola economia, ma una società di mercato. Per la prima volta nella storia l’umanità, con le guerre e la crisi ecologica, può distruggere non un popolo o una specie animale o vegetale, ma sé stessa e l’intero Pianeta.

Queste le sfide che chiedono alla Sinistra di esserci. Non è scontato. Occorrono una rinnovata cultura politica, un internazionalismo che coinvolga democratici e progressisti del Nord e del Sud del mondo, una democrazia federale europea, la valorizzazione delle Nazioni Unite. Lo sviluppo ecologico, i diritti fondamentali della persona, la pace non si realizzano entro i soli confini degli Stati nazionali. Non si inizia dall’anno Zero: papa Francesco ha dato al mondo due encicliche, Laudato sì e Fratelli tutti, che muovono i credenti, non solo i cattolici, a idealità e a un impegno più coerenti con gli obiettivi dell’ecologia e della pace. Le giovani generazioni sentono profondamente i valori di uno sviluppo sostenibile. La scienza e le innovazioni tecnologiche sono preziose se orientate verso finalità di bene comune. La recente vitto- ria di Biden, negli Stati Uniti, alla testa di una coalizione democratica che ha sconfitto Trump, il capo del populismo reazionario mondiale, ci mostra che per la Sinistra una via di rilancio è possibile. Dipende da noi. Certo se in Italia ci accontenteremo di partiti progressisti che sono confederazioni di correnti elettorali o continueremo, per essere certi del possesso esclusivo di verità di sinistra, a scindere politicamen- te l’atomo, mancheremo l’appuntamento. Non daremo un contributo a vincere le sfide per rinnovare la democrazia, cambiare lo sviluppo, dare priorità alla dignità di vita di ogni persona. Un merito del libro di Niclo Vitelli è anche questa sollecitazione a uscire da un nostro privato politico, deluso in parte dal presente, per tornare a discutere insieme, senza rassegnarci, del futuro della Sinistra e delle Case del Popolo.

Mi auguro che il suo invito non rimanga inascoltato.

tratto da Hop Frog, Futuro Anteriore