Confesso: ho incontrato Giovanni Coffarelli, il Tammorrista 14 Giugno 2010 – Posted in: Archivio

Il Tammorrista

Coffarelli, antropologo nativo

Riceviamo il primo contributo “spontaneo” al neonato Cinquesensi. Se il buondì si vede dal mattino…Grazie Francé!

Ero in giro nel borgo medievale del Casamale di Somma Vesuviana per un “sopralluogo”, cercavo informazioni e spunti che mi aiutassero ad approfondire i luoghi che sto raccontando nell’itinerario dedicato alla città vesuviana, con me Nadia. Siamo entrati, rigorosamente a piedi, da Porta Piccioli, non senza qualche disagio essendo la stradina praticamente sottosopra per dei lavori di urbanizzazione. Un rapido tour alla Collegiata di Santa Maria Maggiore, due chiacchiere con il parroco e poi giù, tra le viuzze, i vicoli e i cortili che man mano scorgevamo, qua e là, litigando con un’orrenda cartina recuperata alla biblioteca comunale. Tra una sosta e l’altra e qualche fotografia, spuntiamo sotto Porta Terra ed io, con l’intento di cercare conferma di dove fossimo, mi sono fermato a parlare con il proprietario di un ristorante pizzeria, che era li, quasi ci aspettasse al varco sotto l’Arco Aragonese. Scena comica, stile Totò, Peppino e la malafemmina, ci siamo incartati con il “ghisa” in un esilarante “nojo voulevam savoire…” A togliermi le castagne dal fuoco Nadia che, allontanatasi di qualche metro per cercare ombra, aveva scorto la cinta muraria del Borgo, proprio quella che stavamo cercando. Il caso, spesso, guida i temerari nei momenti più difficili, se poi è aiutato dalla curiosità ti porta per mano verso opportunità insperate. Quel caso ci fa scoprire, dietro l’angolo, su una porta, la targa dell’associazione culturale “La Paranza, laboratorio di musica, cultura e tradizioni popolari”, un’occhiata complice e decidiamo di entrare. Chissà perché mi aspettavo di trovare uno di quei circoli di periferia, ma poi tiro un sospiro di sollievo quando, guardandomi intorno, mi accorgo che non ci sono né calciobalilla né marchingegni elettronici per il gioco d’azzardo, ma una bella libreria e tante foto e targhe appese alle pareti. Ci accolgono due persone, un uomo ed una donna, sedute attorno ad un tavolino tondo; avevamo probabilmente interrotto un colloquio e ci guardavano per capire cosa volessimo. Ho spiegato all’uomo, una persona matura, imponente e con i capelli completamente bianchi e che mi sembrava essere il padrone di casa, chi fossimo e cosa stavamo cercando. Poche battute e gioiosamente sorpreso mi sono accorto di trovarmi di fronte un’icona della cultura popolare e contadina vesuviana: Giovanni Coffarelli.

Antropologo nativo (come ama definirlo il maestro Roberto De Simone con cui collabora da oltre trent’anni), estremo baluardo della cultura dei luoghi, quella non ufficiale (come dice lui), quella senza laurea e senza forbita dialettica, ma assolutamente dotta. Giovanni è un prezioso patrimonio vivente di canti, versi, fiabe, leggende ed antichi detti della sua terra, custode e testimone di una ricchezza culturale irrinunciabile da comunicare, da trasferire, che ci racconta di una terra che ha ancora saldo il patrimonio delle sue radici.

Abbiamo chiacchierato tre ore, scoprendo che è stato punto di riferimento di importanti studiosi ed etnomusicologi come Alan Lomax, Diego Carpitella, Annabella Rossi, Giovanna Marini, Paolo Apolito, Ginette Herry, visitato il suo laboratorio musicale e dato un’occhiata alle cinque tesi di laurea sperimentali, tutte di studenti fuori regione, che riguardano lui e il suo lavoro.

Un’esperienza vera, inaspettata e quindi vissuta come evento del quotidiano, goduta con semplicità e la consapevolezza leggera di avere un nuovo e potente amico.

Mille grazie a Giovanni, “Boss della Tammorra”.

Francesco Paciello