I Formaggi Lucani: sapori e gusti indimenticabili 30 Aprile 2010 – Posted in: FOOD

Formaggi LucaniParafrasando una vecchia pubblicità si potrebbe dire che con i formaggi di montagna il gusto ci guadagna. E per rendersene conto un viaggio in Basilicata è forse necessario, per assaporare la varietà dei formaggi prodotti in questa regione e per testarne l’altissima ed eccellente qualità.

La lavorazione del latte viene eseguita ancora oggi da numerosissimi caseifici a conduzione familiare, preferendo, quindi, la qualità alla quantità. La diffusione di questi ha permesso, inoltre, di gustare una varietà di formaggi davvero sorprendente se si pensa che la regione è comunque una delle più piccole di Italia.

Andando a fare una rassegna dei principali formaggi lucani possiamo ben cominciare dal caciocavallo podolico, vera delizia tipica delle zone più interne della regione, dove da sempre si privilegia questo alimento al posto della carne.

Questo gustosissimo latticino si presenta in una forma caratteristica, a sacchetto bombato con una strozzatura ed una parte più piccola, la testa, abilmente plasmata dalle velocissime mani del massaro, durante la lavorazione, a cui segue un periodo di stagionatura variabile da 1 a 4 mesi. Dal caratteristico colore giallo paglierino, può essere dolce o leggermente piccante, con crosta liscia o spessa e finemente aromatizzato con un caratteristico odore di erbe.

Ma da dove viene questo nome cosi singolare, “caciocavallo”, che identifica tale gustosissimo prodotto lucano?

Le più accreditate teorie sull’etimologia del termine rimandano ad un nome turco di un formaggio dalle caratteristiche molto simili il qusqawail. Ma è altamente probabile che esso derivi anche dall’usanza, ancora oggi utilizzata, di legare i prodotti appena fatti a coppia e di appenderli “a cavallo” delle travi per la stagionatura, oppure dall’abitudine dei pastori di portare i formaggi a venderli fissandoli al dorso del mulo.

Altro formaggio dal gusto indimenticabile è il cacioricotta, proveniente dalla lavorazione del latte di capra e, ancor più saporito, una variante dello stesso che qui in Lucania prende il nome di casieddu, un formaggio a pasta morbida e non salata se non è stagionata: anche in questo caso come per il caciocavallo, all’alimentazione delle capre fatta di erbe fresche di alta montagna si aggiunge quel “quid” che solo il massaro lucano sa dare al suo lavoro artigianale, rendendolo unico. Egli, infatti, filtra il latte attraverso le foglie di felce ed un’erba aromatica, la nepeta, che da il suo inconfondibile “imprinting” al casieddu, con un aroma di menta. Un tempo lo si trovava soltanto d’estate, oggi è possibile reperirlo sempre e lo si ritrova avvolto in foglie di felce e ginestre.

Di origine spagnola la manteca lucana deriva, come si può facilmente intuire, dalla mantequilla, che nella lingua iberica vuol dire burro. Tipico delle zone del Pollino o delle aree interne del materano, si presenta come un caciocavallo più piccolo e rotondeggiante che sotto una crosta più o meno dura spessa circa 1 cm nasconde un cuore di burro.

La prima lavorazione del siero è dedicata a formare il caciocavallo, mentre il residuo del siero serve per fare la ricotta, che viene lavorata per separarla dal grasso e quindi per preparare il burro. Durante la lavorazione sono sempre presenti erbe aromatiche che infondono il caratteristico odore che si sprigiona quando la si va a intaccare in tavola, magari per spalmare il burro sull’ottimo pane casereccio caldo. Limitatamente al settore meridionale, tra il Pollino e la valle del mercure si ritrova un formaggio dalla tipica forma di palla, il paddaccio: deriva dal latte di pecora e capra miscelati e questa volta l’aroma è tutto dovuto al pascolo brado degli animali e, quindi, dalle numerose erbe che gli animali brucano. È un formaggio morbido e cremoso leggermente acidulo, da consumarsi fresco.

Due formaggi che hanno ottenuto riconoscimenti a livello nazionale con la Denominazione di Origine protetta (DOP) sono i due pecorini lucani più famosi: il Pecorino di Filiano ed il Canestrato di Moliterno. Il primo è caratterizzato da una salatura a secco o in salamoia durante la stagionatura, che può durare 2 mesi (pecorino semifresco) o quattro mesi. Il secondo affonda le origini addirittura ai tempi degli Enotri, che abitavano i luoghi nei dintorni di Moliterno, dove dai reperti archeologici è addirittura spuntata una grattugia del IV secolo a.C. Ma il paese lucano è famoso per l’arte della stagionatura, che veniva ed ancora oggi viene eseguita nel fondaco, un magazzino dedicato alla conservazione del formaggio: diviso in arcate per separare gli ambienti dove i formaggi freschi non interferiscono con quelli già avviati alla stagionatura, e con particolari accorgimenti per una giusta aerazione.

Non di rado in Lucania, sia nelle famiglie che nei luoghi di ristorazione, i primi piatti, soprattutto quelli con la pasta fresca casereccia (orecchiette, fusilli, strascinati), vengono conditi con un formaggio grattugiato che esalta ancora di più la pietanza: la ricotta salata. I fiocchi, derivanti dalla ricottura del siero (dal latino recoctus), residuo di produzione dei vari formaggi, in primis di pecora e di capra, vengono raccolti e lasciati raffreddare in fuscelli di vimini per un giorno, dopo il quale si procede alla salatura.

La ricotta fresca può essere gustata in giornata, spalmata sul pane casereccio o usata per ripieni di ravioli; se invece viene fatta stagionare per 2-4 mesi sarà il tocco magico che completa un bel piatto di pasta. Per finire possiamo completare il nostro tour caseario con trecce e mozzarelle, formaggi entrambi a pasta fresca durante la preparazione dei quali si rimane affascinati dal velocissimo lavoro degli artigiani nell’intrecciare la pasta fresca prelevata in questi grandi catini avvolti da un profumo inebriante di latte appena munto.

VIAGGIO IN BASILICATA

Autore: Annateresa Rondinella, Antonio Riviello
Editore: Florence Packaging
Pagine: 334
Prezzo: € 18,00

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