Vegetit. La prefazione di Pietro Leemann 25 Ottobre 2016 – Posted in: BOOKS, FOOD

La prefazione di Pietro Leemann a Vegetit. Le avanguardie vegetariane in Italia

Sono davvero felice che Alberto Capatti mi abbia chiesto di fare questa prefazione, per la stima e l’amicizia nei suoi confronti, soprattutto per il valore storico e scientifico dell’opera, indispensabile per capire l’evoluzione e la trasformazione del vegetarianismo nel corso del tempo e favorirne la diffusione. Alberto è sempre stato un democratico cliente del Joia, nel senso che mi ha frequentato e apprezzato in tempi non sospetti quando la mia realtà era ancora poco conosciuta. Ha poi contribuito a farmi ricevere, nel 2007, un prezioso riconoscimento alla carriera con il premio Pellegrino Artusi.
Un vero pozzo di scienza lui. Negli anni l’ho seguito nelle sue attività che hanno arricchito la mia, imparando molto e dando meno, se non qualche goloso piatto.
Il presente volume, che tratta in modo approfondito e didascalico l’importante tema, approfondisce anche le motivazioni che hanno portato molte persone, spesso eminenti personalità, a fare una scelta alimentare precisa, quale luminoso esempio per gli altri e come presa di posizione a favore di una visione igienista, rispettosa dell’ambiente e degli esseri tutti. Allargando la dimensione omocentrica, tipica della visione biblica, che ha profondamente influenzato le abitudini dell’occidente degli ultimi due millenni.
Viviamo un presente nel quale sempre più persone si stanno indirizzando verso prese di posizioni diverse da questa, per svariati motivi che brevemente analizzerò in seguito.
Tra questi anche un aspetto che mi sta particolarmente a cuore: l’avvicinamento e la comprensione delle culture orientali, antesignane rispetto a una visione più articolata della realtà e a una visione olistica della dieta vegetariana che in quei luoghi ha una tradizione che si perde nella notte dei tempi. Personalmente sono stato un privilegiato testimone dei movimenti che sono emersi negli ultimi 35 anni e in qualche modo ne sono stato anche co- protagonista, stimolando, attraverso la mia attività e i miei scritti, un cambiamento che non è più possibile contenere in una piccola nicchia della società. Ho vissuto a lungo in oriente approfondendone le filosofie e facendole mie, stimolando e nutrendo, nel vero senso della parola, lo scambio con quel sapere indispensabile e affascinante.
Fino a poco tempo fa noi vegetariani eravamo una minoranza considerata eccentrica se non un po’ bizzarra, rispetto al comune agire. Vari movimenti, soprattutto quelli macrobiotici e animalisti, che hanno trovato terreno fertile in una società in veloce evoluzione, hanno saputo stimolare la ricerca e gettare nuove basi che influenzano in positivo questo presente.
A differenza di quanto accaduto in occidente negli ultimi secoli, durante i quali poche persone si dedicavano a riflettere sul cibo e sulle sue prerogative e non decidevano di conseguenza di modificare le loro abitudini, oggi assistiamo a un apparentemente improvviso e radicale spostamento verso un’astensione, più o meno completa, dagli alimenti carnei.
Per molti motivi, come ben analizzato nei manuali di medicina, l’alimentazione migliore per l’essere umano è quella ricca di vegetali. Gli altri alimenti, soprattutto le proteine animali che contengono tossine difficili da smaltire e gli zuccheri, vanno assunti occasionalmente o mai.
Il mai diventa decisivo e fa cambiare di paradigma, quando la visione è allargata agli aspetti etici, morali e ambientali che vado a descrivere. L’agricoltura ha un minore impatto ambientale rispetto all’allevamento, fonte d’inquinamento le cui conseguenze si possono oramai toccare per mano. Naturalmente anche l’agricoltura deve spostarsi verso il sostenibile.
Non analizzerò qui la deleteria strategia della “rivoluzione verde” che, mossa da potenti interessi economici, è stata capace in pochi decenni di contaminare e rendere sterili molte superfici e di portare alla situazione ambientale presente che, ne siamo tutti consapevoli, va velocemente arginata e risolta. Il sano è anche biologico e anche i vegetariani si ammalano se mangiano sostanze inquinate!
Per il momento i danni all’ambiente non sono ancora quantificati in termini economici, e auspichiamo che presto chi ne sarà responsabile, se ne assuma le conseguenze. Dal punto di vista meramente economico, i prezzi dei prodotti di origine animale e inquinanti dovranno aumentare mentre, in modo proporzionalmente inverso, i prodotti ecologici dovranno costare meno. Mangiando cibi vegetariani si consumano meno risorse favorendone un’equa ripartizione.
Una delle prime motivazioni che stanno accelerando questo cambiamento è quella animalista: molte persone non accettano che ci si possa cibare di esseri diversi da noi solo per convenzione, non tenendo conto della sostanza. Indicano gli allevamenti come veri e propri lager nei quali miliardi di animali sono allevati in modo incivile, producendo una quantità di sofferenza insostenibile per una società civile.
Osservando questo presente è interessante rilevare come sia in atto una vera e propria rivoluzione, non determinata, tranne in qualche caso isolato, da un’ideologia, quanto da una presa di posizione individuale che sta modificando la società dal suo interno. Con i moderni mezzi di comunicazione le persone in tempo reale dialogano, fanno comunità, sono stimolate a scelte migliori. Una vera e propria rivoluzione, efficace e silenziosa.
Numerosi opinion leader, con toni più o meno accesi, hanno preso posizione. Essere vegetariani è una necessità e al contempo una virtù che piace.
Un altro aspetto fondamentale per me sono le motivazioni filosofiche, spirituali e religiose che hanno portato numerose comunità ad abbracciare questa dieta. Il fenomeno si è sviluppato soprattutto in oriente ma ha avuto esiti importanti anche in occidente grazie a movimenti di pensiero quali l’antroposofia e a movimenti filosofici e igienisti in auge in Europa all’inizio del 1900 evoluti in varie direzioni.
A oriente, l’aspetto della salute è stato approfondito in particolar modo dall’Ayurveda e dalla dietetica cinese, scienze straordinarie che stanno completando il pensiero ippocratico che sta alla base della codifica della nostra medicina. Anche in quel senso lo scambio è indispensabile e appassionante e anche qui l’alimento vegetale è il migliore viatico.
L’attitudine non violenta (ahimsa), verso creato, creature e Creatore è indispensabile per la trasformazione della coscienza. La pratica meditativa inizia sempre osservando delle regole e una disciplina anche alimentare, considerando che il cibo contiene una sostanza che modifica il soggetto. Noi siamo ciò che facciamo, siamo quindi anche ciò che mangiamo. Diventiamo anche ciò che scegliamo di mangiare, seguendo così il nostro vero sentire e determinando, come individui e non come massa, il nostro destino (e quello degli altri).
Questa è invero la prima motivazione che ha portato nel corso dei millenni miliardi di persone, induisti, taoisti, buddisti, cristiani, mussulmano-sufi, laici a essere vegetariani.
Spero davvero che questo libro abbia il successo che merita e che contribuisca a una luminosa evoluzione della civiltà umana.

Con amicizia
Pietro Leemann

 

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