Il Vulture: un’isola dal nome di un avvoltoio 3 Maggio 2010 – Posted in: TRAVEL

VultureA chi mi chiede all’improvviso cosa sia il Vulture, rispondo che è un’isola dal nome di un avvoltoio. Non è un’isola in mezzo al mare ma tra pianure. Si erge isolato, inconfondibile nel suo profilo, imponente, alto come il volo dominante di un Vultur sulle pianure basse.

Solo un secolo e mezzo fa un viaggio nel Vulture rappresentava un’avventura per pochi audaci studiosi o curiosi facoltosi che, come succedeva spesso a quel tempo, in tali casi precauzionalmente, producevano testamento prima di partire. La zona, oltre che difficile da raggiungere e irta di pericoli fisici, era infestata da briganti a volte sparsi e sbandati altre volte organizzati; pochi erano quelli che sul posto erano disposti ad accompagnare l’intraprendente ma sprovveduto viaggiatore.

Pittori, storici, naturalisti, in maggior parte stranieri, venivano attratti al Vulture dalle letture classiche e storiche: Orazio, Polibio, Tito Livio, Federico II, solo per fare qualche esempio. Molti di questi avevano riportato immagini, esperienze, lasciando tracce in saggi, articoli e in reperti che vivificarono l’interesse di tutto il mondo culturale. A tutti il Vulture apparve unico. Una montagna che solo alla fine del XVIII secolo venne conosciuta come antico vulcano. Una montagna, fino a quel tempo sentita autorevole per la sua posizione, per il suo mistero, venne poi compresa con un sentimento di riverenza e divenne oggetto di attenzione e speculazione scientifica.

Il suo impalcato si staglia su come uno scoglio verde sul mare, sullo sfondo la pianura e il cielo di Puglia, avvicinandoci entriamo nella caldera: giù due magnifici piccoli laghi di acque fermissime, specchi incorniciati di verde, eccezionalmente vicini, mitigano per sempre il ricordo stravolgente delle bocche eruttive sul fondo.

Intorno a questi due laghi crebbe nel tempo un fervore di silenzi, di ispirazioni. Le antichissime grotte degli eremiti basiliani, l’abbazia di San Michele e l’abbazia di Sant’Ippolito ci lasciano intuire la lunga e straordinaria storia dell’uomo. La storia naturale del Vulture è lunga 750.000 anni, ma quella dell’uomo la pareggia poiché intorno al vulcano la vita dell’industrioso Homo preistorico si alterna alle sue eruzioni e riemerge dai suoi condizionamenti. Il museo allestito nell’antica abbazia di San Michele a Monticchio rappresenta una tappa obbligata, possibilmente la prima per chi intende scoprire e interpretare il valore di questi luoghi conosciuti poco e soltanto per i loro rinomati prodotti. L’abbazia, in realtà, è un convento francescano costruito, a più riprese, a ridosso di antichissime grotte di monaci eremiti basiliani risalenti agli anni di fine primo millennio. L’edificio è grande, ma costituito da tanti piccoli spazi nei quali il museo racconta ciò che è meravigliosamente visibile dalle sue stesse finestre. Il percorso principale è costituito da una costruzione suggestiva e sintetica del cammino dell’uomo: un percorso a ritroso che parte dall’oggi per “ritornare”, passando attraverso la storia della fauna, della flora e del vulcano, all’uomo preistorico del Vulture.

Il museo è un museo nel museo, in quanto l’abbazia offre continuamente spunti interessantissimi per comprendere la vita monastica, la sua condizione e le lunghe vicissitudini tra eventi naturali, storici, religiosi e clericali. E l’allestimento museale ha avuto cura di non sovrapporsi a quanto la bellissima struttura è in grado di suggerire.

Il museo esprime un equilibrio tra due idee di museo: il tradizionale scientifico e l’idea di museo divulgativo e interattivo con laboratori didattici e mostre tematiche. Sono attualmente presenti collezioni naturalistiche in continuo incremento: di farfalle e di coleotteri, di erbe, di legni e di strobili, di minerali e di rocce, tutte strettamente del Vulture. Uno spazio è dedicato ad un acquario nel quale albergano gran parte delle specie ittiche dei laghi, un altro agli straordinari e diversi ecosistemi, alle riserve naturali regionali e nazionali, ai siti comunitari come SIC (Siti di Interesse Comunitario), ZPS (Zone a Protezione Speciale) e IBA (Important Bird Area) presenti nel Vulture, riconoscimenti di per sé straordinari ma che qui trovano un’eccezionale concentrazione.

Sono tante le specie vegetali e faunistiche, uniche o rare, qui ancora presenti e che nel museo trovano un adeguato spazio per essere comprese nelle loro particolarità, ma il Vulture è, specialmente, il luogo della Bramea: è la sua culla. L’Acanthobrahmaea europaea è una farfalla notturna e antichissima che trova in un piccolissimo bosco del Vulture la sua unica oasi.

Scoperta solo qualche decennio fa da uno degli ultimi naturalisti esploratori, il conte Federico Hartig, altoatesino e tra i più grandi collezionisti italiani di farfalle. Hartig visse nel Vulture per molti anni, ospite del Corpo Forestale dello Stato, e tra i monticchiani ha lasciato un ricordo ancora molto vivido.

A lui è dedicata nel museo una mostra allestita con la collaborazione dell’Università di Roma La Sapienza; in essa si descrive un frammento di storia dell’entomologia italiana, si racconta dei suoi interpreti e di un momento storico difficile e interessante anche sotto l’aspetto naturalistico.

Il Museo di Storia Naturale del Vulture nasce per difendere e far conoscere la forte e straordinaria identità di un grande patrimonio solo in parte indagato e studiato, la cui forza evocativa però rimane intatta per il visitatore.

VIAGGIO IN BASILICATA

Autore: Annateresa Rondinella, Antonio Riviello
Editore: Florence Packaging
Pagine: 334
Prezzo: € 18,00