Vele naufragate

VELE NAUFRAGATE CON TUTTO QUEL CHE AMIAMO

AUTORE: Bernardino Osio

10,00 

Dalla prefazione dell’autore:

I primi anni della mia carriera diplomatica li trascorsi a Roma, dal 1960 al 1963, e furono anni per me indimenticabili: con le prime entusiasmanti esperienze di lavoro, in una città ancora bella e civile e con una vita di società brillante e gradevole. Caddi felicemente in vari gruppi giovanili, ovunque accolto a braccia aperte; con gente colta, aperta, vivace e interessata alla vita politica ed intellettuale della Capitale che stava vivendo, forse, il suo ultimo momento felice: le Olimpiadi, il Concilio Vaticano II, balli per le diciottenni, ecc… La campagna intorno a Roma, il Lazio intero, erano ancora intatti, come quelli descritti dai grandi viaggiatori dell’800. Superate le difficoltà e i sacrifici del dopoguerra, si era arrivati alla vigilia del “miracolo economico”, senza ancora veder stravolte tradizioni e antichi stili di vita.
Fra gli amici più cari di quegli anni vi erano quelli del così detto “gruppo friulano”: costituito da famiglie, tutte rigorosamente di origine udinese ma trasferite per ragioni di lavoro o di studi a Roma: senza dimenticare le proprie antiche radici, anzi custodendole con orgoglio. Ricordo, con speciale rimpianto, la famiglia Savorgnan di Brazzà composta dalle sorelle Daniela, Speronella e dal fratello più piccolo Giovanni. Daniela: bella, intelligente, buona, elegante era la mia preferita e penso spesso a lei con struggente malinconia: troppo presto scomparsa dopo una vita non facile, accettata e vissuta con serenità ed eleganza ineguagliabili. Daniela invitava spesso noi, suoi giovani amici, a Mezzano, nell’Alto Lazio, vicino a Bolsena ove la sua famiglia aveva ereditato una splendida tenuta. Per una tortuosa strada di terra battuta, si arrivava ad un piccolo, solitario borgo composto dalla casa padronale assai semplice, da quella del fattore Fortunato e da una piccola chiesa. Dalla casa, ancora priva di luce elettrica, si dominava un minuscolo cupo lago vulcanico, circondato in parte da un bosco di querce secolari le cui radici sprofondavano in tombe etrusche. Silenzio, solitudine, una pace quasi inquietante. La domenica mattina un frate francescano passava per celebrare Messa, cui tutta la famiglia, con ospiti e mezzadri, assisteva con devozione sincera. Su di una parete, all’entrata della chiesa, vi era una lapide che ricordava come essa fosse stata costruita dalla contessa Olga Savorgnan di Brazzà “fra immemori nipoti”. Quella frase di “immemori nipoti” mi ritorna spesso alla mente quando ricordo, nelle conversazioni familiari, qualche episodio non secondario della nostra lunga storia. I nipoti perlopiù ascoltano, con interesse e non troppo annoiati, storie che spesso rimontano a qualche secolo fa o anche a non più di cinquant’anni fa; e fanno pure domande, ma con sorpresa scopro che ben poco sanno, anche di episodi drammatici che hanno scosso dalle fondamenta le nostre famiglie. Proprio per arginare questa scarsa o nulla conoscenza, ho deciso di offrire loro questi ricordi, dedicati particolarmente a due episodi dolorosi che hanno avuto come teatro il nostro tanto amato lago di Como. E che si sono ripetuti, a 107 anni di distanza, a Bellano, culla della famiglia Nogara, in circostanze quasi identiche e che ebbero entrambi, all’epoca loro, vasta eco nelle cronache e sulle gazzette […]

confezione

brossura

dimensioni

14,8×21 cm

pagine

70

ISBN

978-88-99876-63-0

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