Stralunario

AUTORE: Andrea Vitali, Giancarlo Vitali

L’hai detto figliolo, rubano la luna!
I più maldestri ladri di luna sono i poetastri e i parolai di canzoni. Mai una volta che la lascino in pace, macché!

17,10 

5° titolo della collana iVitali

Dalla rispettosa amicizia tra il pittore di Bellano e lo scrittore di Bellano, nonché tra il medico e il paziente, nasce una preziosa collana di libri risultato di un confronto e di uno stimolo reciproco.

Il racconto Furto di Luna di Andrea Vitali e 26 opere su carta di Giancarlo Vitali dedicate alla luna.
Presentato nella mostra dall’omonimo titolo allestita in occasione del Premio alla carriera 2011 a Giancarlo Vitali.

Presentazione dell’Editore: La Collana iVitali

Nota di Stefania Berbenni: A lezione dalla luna

Cominciamo dal basso. Le è toccato scendere dal cielo, bussare qua e là elemosinando un invito mai porto. E, indebolita per non aver sentito neanche un refolo di piétas, piangendo, è rotolata sempre più giù, sui marciapiedi, fra le ciglia di un bambino perché lì è ben voluta, e di lei hanno bisogno. Prima lezione impartita dal nostro unico satellite naturale: inutile cercare la compagnia di chi è in altre faccende affaccendato, o è troppo lontano da te per capirti vagamente (La luna bussò, manifesto canoro di Loredana Bertè). Secondo monito: mai stare fermi, né tantomeno avere la presunzione che gli altri vengano a noi; da sempre la Luna si consuma, girando, illuminando, accorciando le distanze per poi riallontanarsi. È ammirevole in quella ripetitività da casalinga celestiale. Sarà frustrata, la poveretta? Non si direbbe, se da millenni non fa che servirci facendoci sentire importanti, dopo che quel fesso di Niccolò Copernico ha detto che siamo noi a girare intorno al Sole, tanti Icari con le ali sciolte (e qui c’è il terzo insegnamento: l’umiltà). Il quarto invece è liquido, scivola rassegnato sulla scorza impermeabile degli uomini (intesi come maschi), ignorato e solo raramente degnato di sguardo attento.

Contributo di Leonardo Castellucci: La luna storta del bindolo Manera

Fin dal principio entriamo immediatamente nel contesto, senza essere introdotti da prologhi descrittivi o da altri orpelli narrativi. Si comincia così, con i toni secchi di una malinconica dichiarazione: “Quando nacque, suo padre era in galera. Furto di elemosine presso la chiesa prepositurale di Bellano”. E già i due protagonisti, Beppe Manera, di professione ladro, poi ravveduto e suo figlio Manuele sono presentati sulla ribalta del racconto e con loro anche il teatro della rappresentazione, Bellano, il piccolo centro lacustre dove Vitali è solito ambientare i suoi romanzi. Subito dopo, alla spicciolata, gli altri personaggi. Venera Sbiaditi, moglie del ladruncolo e madre del bambino e le comparse, utilissime a delineare il ‘clima’ e la dimensione temporale della storia che si svolge durante gli anni ’60, in quell’Italia ancora in b/n ma già prefigurata con frigorifero, lavapiatti e televisore, al tempo gli status sociali cui ambire. Ma si sa, nei piccoli paesi di provincia i cambiamenti sono più lenti ed è qui che lo scrittore introduce gli elementi di contorno riuscendo a dar loro lo spessore di una quotidiana consuetudine ch’è quella di una piccola comunità dove tutti, ogni giorno, si incontrano e dove i ruoli che ciascuno ricopre sono succedanei al rapporto umano. E dunque ecco che il Maresciallo Manabotti, anche se poco più che ricordato, richiama la bonaria personalità di un carabiniere ligio al dovere ma dal cuore tenero; Gaspare Benincerti, il fotografo/ritrattista, si fa immaginare nella sua orgogliosa bottega con tanto di treppiede e banco ottico da esibire ai matrimoni più abbienti; che del Bigé, lo scaccino, termine antiquato per definire un sagrestano molto di famiglia, sembra perfino di intravedere la figura allampanata e un po’ stordita e che del Cassamano, il custode delle carceri, azzeccato soprannome che toglie al personaggio quella patina grigia che la sua attività gli affibbia, si può intuire tutta la frustrazione per un lavoro che non gli piace. E poi, soprattutto lei, la Venera, paradigma di molte giovani e rassegnate ragazze, non belle, non brutte, già spente in giovinezza, d’indubbia moralità, devote per cultura familiare ed educazione all’uomo che farà loro il dono di portarle, preferibilmente illibate, davanti all’altare dell’Altissimo per sancire davanti a Lui un’eterna promessa d’amore.

Postfazione di Gian Battista Galli: Rubano la luna?

L’hai detto figliolo, rubano la luna! I più maldestri ladri di luna sono senza dubbio i poetastri e i parolai di canzoni. Mai una volta che la lascino in pace, macchè! La infilano tra versi sdolcinati e nauseabondi, la poggiano su note melense e le danno una voce enfatica e lacrimevole da innamorati: chi ci sta seduto sopra, chi ci si appende, chi ci si specchia… quante lune rubate e maltrattate figliolo. Non sopporto che si faccia della luna una stupida romanticheria, non farlo mai figliolo, promettimelo! Che ne sanno quei cialtroni della luna?

Disponibile anche in eBook.

– – –
DICONO DI NOI

LIBERO: Il ladro di elemosine voleva rubare la luna
CORRIERE DELLA SERA: Che fai tu, luna, in ciel?

Peso 0,280 kg
Dimensioni 24 × 16,5 × 1 cm
uscita

novembre 2011

pagine

80

confezione

brossura

ISBN

978-88-97202-05-9

Illustrazioni

Giancarlo Vitali

collana

collana iVitali

eBook

disponibile