Tignanello, una storia toscana 10 Giugno 2015 – Posted in: WINE

Cover.Tignanello.ITAIl prologo della pubblicazione realizzata in occasione dei 40 anni del Tignanello a firma di Piero Antinori.

Ricordo che ne discutemmo a lungo, riunione dopo riunione. Io, con mio padre, con collaboratori ed amici, a Palazzo Antinori, alla fine degli anni Sessanta. Avevamo un vino che, nelle speranze e nelle intenzioni, doveva cambiare le regole, iniziare una nuova stagione per l’azienda, la mia famiglia e la Toscana. E tutto stava per essere etichettato con questo nome poco evocativo, un nome sconosciuto per chi non fosse del Chianti Classico e non sapesse sul serio di vigneti e terroir.

Un nome agli antipodi di tutte le leggi del marketing. Speravamo, pensavamo, sapevamo di avere un’eccellenza nelle nostre barrique di legno nuovo, ma la presentavamo ai mercati con un nome quasi impronunciabile per gli stranieri. Eppure, io ero ben convinto nella scelta di quel nome. Ugualmente convinto ne era Luigi Veronelli, il più grande giornalista di vino della sua epoca, primo promotore e difensore a spada tratta del mio vino. “Niente nomi altisonanti, paroloni medievali, neologismi strani”, ci rassicurava, “per queste bottiglie, il nome più ovvio è il più giusto”. Ricordo che eravamo a cena al Castello della Sala, base umbra dell’azienda, a margine di uno dei primi convegni della neonata Associazione Italiana Sommelier (di cui Veronelli era, ovviamente, l’anima). “La cosa migliore è legare questo vino in modo diretto al suo vigneto. Sarà questa la sua ‘origine controllata’ ”. Perché “il vino buono nasce nella Vigna”, ripeteva Giacomo Tachis, l’enologo che, nelle nostre cantine, dopo averle in pratica rifondate, aveva per primo studiato e lavorato per quel risultato. Perché “tutto quello che abbiamo fatto è stato cercare l’anima più pura di quest’uva e di questo luogo”, riassume l’enologo attuale dell’azienda Antinori, Renzo Cotarella, lui che questo stesso rosso toscano ha saputo ripulire, perfezionare, smussare negli ultimi decenni della sua storia. Io dico che il gran vino, questo vino, è un’idea forte applicata a un terroir. Bella parola francese terroir. Indica il contesto in cui cresce un dato vino, il suo habitat in senso lato: geologico, climatico, orografico, ma anche, ritengo, sempre di più, paesaggistico, storico, culturale. Sentimentale.

Ecco. Un’uva della massima qualità, lungamente selezionata e il terreno in cui matura: impossibile dire quale di questi due elementi alla fine sia quello decisivo. Il gran vino è una vigna e un’idea. Lo intuii allora, lo credo fermamente oggi. Per questo mi fa piacere raccontare questa mia prima etichetta di successo, tuttora la nostra bottiglia più amata, celebrata, imitata. Oggi che Renzo Cotarella è amministratore delegato dell’azienda, alla guida operativa di parecchie vigne e cantine sparse per il mondo insieme a me e ad Albiera, Allegra e Alessia, mie figlie continuatrici.

Oggi che siedo nella mia nuova, moderna cantina nascosta sotto una collina chiantigiana. Tutta vetro, per guardare ogni giorno le nostre vigne negli occhi e far vedere a tutti come si fa il grande vino. Oggi la Marchesi Antinori coltiva la vite e produce vini nelle zone più vocate della Toscana, nelle Langhe piemontesi, nella Franciacorta lombarda, in tutti i territori italiani storici e in quelli che abbiamo voluto riscoprire, come la Puglia. Ma mi piace e mi rassicura sapere che la nostra base operativa principale, la sede amministrativa, l’archivio e il piccolo museo di documenti di famiglia siano raccolti adesso in unico luogo. Ancora qui, a mezz’ora d’auto da Firenze e da Palazzo Antinori. A pochi minuti dalla vigna del primo vino che ho voluto e creato come respon- sabile dell’azienda. Vino toscano nel profondo e insieme cittadino del mondo. Il figlio del Chianti Classico che tutto ha cambiato.

Ho 76 anni, sono a capo dell’azienda da 49, porto un cognome che esiste da almeno sette secoli. Più o meno da allora è un cognome legato al vino, dal Medioevo all’Expo milanese del 2015 è un bel tratto di strada. E ancora oggi, mentre in vigna inizia a lavorare la ventisettesima genera- zione della mia famiglia e mentre in cantina è pronta l’annata 2012, ecco, oggi, vorrei che questa fosse insieme la storia di un luogo e di un vino, che portano lo stesso nome. E vorrei che questa potesse essere anche, in qualche modo, la storia di come nasce e matura ogni grande vino.